30 Ottobre 2017 ARTICOLI

Avv. Maria Ferrara

Titolare dello Studio professionale MF Legal Office che offre assistenza e consulenza legale sia in ambito giudiziario che conciliativo, con particolare riferimento al diritto di famiglia. Appassionata del proprio lavoro e “preda” di un guizzo creativo che la porta alla ricerca continua di nuove esperienze. Riceve su appuntamento nel suo studio di Via Baltimora, 90 a Torino tel. 011/197.193.38

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Diritti e facoltà dei genitori che lavorano: come sono messi i papà?

Partiamo dal momento della nascita e vediamo come funziona il cosiddetto: Bonus paternità INPS. 

Va precisato che alcuni dei diritti e facoltà previsti dalla legge possono variare e, di fatto, variano, di anno in anno, dunque è bene sempre informarsi sulla situazione normativa in essere nel preciso momento in cui si intende usufruire dei vari “bonus” e servizi.

Bonus paternità INPS.

Il bonus papà INPS spetta ai lavoratori dipendenti al momento della nascita di un nuovo figlio, o dell’entrata in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento preadottivo.

Fino al 2016, la durata bonus paternità che spettava per il congedo obbligatorio, era di 1 giorno lavorativo mentre 2 giorni, erano quelli che spettavano con il congedo facoltativo.

Dal 2016 in poi, invece, grazie alla legge di Stabilità, è stata modificata la normativa con la Legge n.208, comma 205 art 1 del dicembre 2015, ed i giorni di congedo paternità sono aumentati.

Nello specifico, i lavoratori dipendenti che diventano papà nel 2017, hanno diritto a: 2 giorni di congedo di paternità obbligatorio; 2 giorni di congedo facoltativo.

Dal 2018: la durata bonus papà 2018 è di: 4 giorni di congedo di paternità obbligatorio; 4 giorni di congedo facoltativo.

I periodi di astensione dal lavoro nel bonus papà 2018, sono strettamente correlati alla tipologia del congedo di paternità richiesto all’INPS, se obbligatorio o facoltativo.

Durante il congedo, l’INPS riconosce al papà lavoratore una indennità pari al 100% della normale retribuzione giornaliera percepita.

L’importo del bonus paternità, è quindi calcolato tenendo conto dello stipendio percepito durante l’ultimo periodo di lavoro che ha preceduto il mese durante il quale ha avuto inizio il congedo.

I figli van cresciuti e dunque, passiamo alla disciplina dei

Riposi Orari spettanti al papà, per allattamento

L’articolo 40 del D.Lgs. 151/01 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) prevede la fruizione dei riposi orari da parte del padre lavoratore nei casi: a) in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in cui la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) di morte o di grave infermità della madre.

Ciò che ha creato molto dibattito è stato proprio il punto “c” ovvero cosa bisognasse intendere con “lavoratrice non dipendente” e se in questa categoria potesse essere ricompresa la madre casalinga.

L’interpretazione più comune (ovviamente da parte del datore di lavoro/Amministrazione) è stata nel senso di madre lavoratrice autonoma (es. libera professionista) e non anche la madre casalinga, con conseguente esclusione, in tale ultima ipotesi, del diritto del padre a fruire dei riposi giornalieri salvi, ovviamente, i casi di morte o grave infermità della madre.

Tuttavia nel corso degli anni le sentenze hanno dato ragione al padre in presenza di madre casalinga.

Importante sentenza in merito è quella del Consiglio di Stato si tratta della  decisione n. 4618/2014  che oltre a dare ragione al padre nel diritto alla fruizione dei riposi quando la madre è casalinga, offre uno spunto interessante per la corretta interpretazione della norma riferendosi alla sibillina formulazione letterale della stessa, secondo la quale “il beneficio spetta al padre, “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.

Tale formulazione, secondo il significato proprio delle parole, include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un’attività non retribuita da terzi (se a quest’ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga).

Altro si direbbe se il legislatore avesse usato la formula “nel caso in cui la madre sia lavoratrice non dipendente”. La tecnica di redazione dell’art. 40, con la sua meticolosa elencazione delle varie ipotesi nelle quali il beneficio è concesso al padre, lascia intendere che la formulazione di ciascuna di esse sia volutamente tassativa”.

Secondo la Corte:

“i riposi giornalieri, una volta venuto meno il nesso esclusivo con le esigenze fisiologiche del bambino, hanno la funzione di soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali al fine dell’armonico e sereno sviluppo della sua personalità” (Corte cost., 1 aprile 2003, n. 104); ed in tale prospettiva sarebbe del tutto irragionevole ritenere che l’onere di soddisfacimento degli stessi debba ricadere sul solo genitore che viva la già peculiare situazione di lavoro casalingo.

Con riferimento all’aspetto pratico: la legge prevede che spettino due ore di riposo se l’orario contrattuale di lavoro è pari o superiore alle 6 ore giornaliere; spetta un’ora di riposo se l’orario è inferiore alle 6 ore. In caso di parto gemellare o in caso di adozione o affidamento di più minori, le ore di riposo sono raddoppiate.

Altro importate istituto è quello del

Congedo Parentale, anche per il papà

Il congedo parentale è una forma di astensione facoltativa dal lavoro, con diminuzione o annullamento della retribuzione, di cui le lavoratrici e i lavoratori che siano divenuti da poco genitori possono godere nei primi anni di vita del figlio.

I congedi parentali si aggiungono al congedo di maternità che, invece, è obbligatorio.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro cessi, legittimamente, durante il periodo di fruizione del congedo, quest’ultimo verrà contestualmente meno.

In ogni caso, del congedo parentale i genitori naturali possono beneficiare entro i primi dodici anni di vita del bambino e per massimo dieci mesi complessivi per entrambi i genitori, che possono tuttavia divenire undici se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi.

Più precisamente, tenendo conto di tali limiti, la madre può astenersi per massimo sei mesi, mentre il padre può astenersi per massimo sette mesi. Se vi è un solo genitore, egli può godere del congedo per massimo dieci mesi.

Come accennato, durante la fruizione del congedo parentale, i lavoratori vedono notevolmente ridimensionata la retribuzione percepita.

Infatti, fino ai sei anni di età del bambino e per massimo sei mesi complessivi essi durante il congedo percepiscono il 30% della retribuzione media giornaliera calcolata prendendo come riferimento l’ultimo mese lavorato.

Dai sei agli otto anni di età del bambino ai genitori che godano del congedo spetta sempre il 30% della retribuzione, ma solo se il reddito individuale del genitore che ne intenda fruire non superi di due volte e mezzo l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.

Infine, dagli otto ai dodici anni di età del bambino non è previsto alcun indennizzo.

I lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, invece, possono beneficiare del congedo parentale entro i primi dodici anni di arrivo del minore in famiglia, in ogni caso non oltre il compimento della maggiore età dello stesso. Le modalità sono le medesime viste per i genitori naturali.

Per quanto riguarda gli aspetti retributivi, i genitori adottivi o affidatari che godano dei permessi parentali usufruiscono di un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, sempre calcolata considerando la retribuzione del mese precedente la fruizione del congedo.

Il godimento di tale indennità, tuttavia, è sottoposto a precisi limiti.

Entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia essa spetta indipendentemente dal reddito ma per un periodo massimo complessivo di sei mesi.

Dai sei agli otto anni dall’ingresso del minore in famiglia, invece, essa spetta solo se il reddito individuale del genitore che intenda fruire del congedo non superi di due volte e mezzo l’importo annuo del trattamento minimo di pensione. Dagli otto ai dodici anni, infine, non è previsto alcun indennizzo.

A determinate condizioni, anche i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps possono godere del congedo parentale per massimo tre mesi entro il primo anno di vita del bambino o, in caso di adozione o affidamento, entro il primo anno di ingresso in famiglia del minore che non abbia compiuto dodici anni di età.

A tal fine è innanzitutto necessario che l’iscrizione derivi dall’essere gli stessi lavoratori a progetto o categorie assimilate o professionisti, che non percepiscano la pensione né siano iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria.

È inoltre necessario che i lavoratori possano far valere, nei dodici mesi presi come riferimento ai fini dell’erogazione dell’indennità, almeno tre mesi di contribuzione.

Ovviamente è poi necessario che nel periodo di fruizione del congedo sussista un rapporto di lavoro in corso di validità e che vi sia effettiva astensione dall’attività lavorativa.

Affinché sia il padre a poterne godere, poi, sono necessari ulteriori requisiti, ovverosia che la madre sia morta o gravemente inferma, che il figlio sia stato abbandonato o affidato esclusivamente al padre. Egli, poi, può goderne in caso di adozione o affidamento non esclusivi se la madre non ne fa richiesta.

L’importo dell’indennità per congedo parentale è pari al 30% di 1/365 del reddito derivante da attività lavorativa percepito nei dodici mesi presi come riferimento per l’accertamento del requisito contributivo.

Il godimento del congedo parentale, a seguito della legge numero 228 del 24 dicembre 2012, può anche essere frazionato ad ore.

A seguito del decreto legislativo numero 80 del 15 giugno 2015, attuativo del Jobs Act, in assenza di contrattazione collettiva del congedo parentale si può beneficiare su base oraria per la metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente quello di inizio della fruizione.

Le modalità operative sono state precisate dalla circolare numero 152, emanata dall’Inps il 18 agosto 2015.

A partire dal 2013, inoltre, il congedo parentale può essere sostituito, per gli undici mesi successivi al termine del congedo di maternità, dai cd. voucher baby sitter o asilo nido, da utilizzare per far fronte alle spese necessarie per godere di tali servizi.

A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo numero 81 del 25 giugno 2015, poi, sempre in alternativa al congedo parentale o nei limiti di quello ancora spettante, è possibile richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time, con riduzione di orario non inferiore al 50%.

I precedenti istituti non vanno assolutamente confusi con il

Congedo di Paternità Sostitutivo,

Ossia il diritto riconosciuto al padre lavoratore in sostituzione al congedo di maternità della madre del bambino, nel caso in cui questa non usufruisca della tutela in quanto deceduta o gravemente inferma o per abbandono del bambino o, infine, in caso di affidamento esclusivo del figlio al padre.

Altro aspetto importante che riguarda un po’ tutti i genitori soprattutto quando è alle porte brutta stagione, è come poter assistere i bambini quando si ammalano. Vediamo, dunque, come viene gestita

L’assenza per Malattia del Bambino, per mamma e per papà

Si tratta un diritto riconosciuto anche padre lavoratore che consente di astenersi facoltativamente dal lavoro per tutte le malattie di ciascun figlio fino al compimento dei 3 anni, e a 5 giorni lavorativi per il figlio tra i 3 agli 8 anni.

Spetta alternativamente alla mamma o al papà e consente di assentarsi dal lavoro in modo da garantire al bimbo le cure necessarie.

Secondo i chiarimenti del Ministero del lavoro forniti con la circolare 79/76, per malattia del bambino deve intendersi la “modificazione peggiorativa dello stato di salute” ma più precisamente “qualsivoglia alterazione anatomica e funzionale dell’organismo, anche localizzata, perciò non impegnativa delle condizioni organiche generali”. In base a tale definizione quindi non rientra nell’accezione di malattia per esempio la necessità di un soggiorno al mare o in montagna della madre con il figlio, qualora non strettamente correlato a cure elioterapiche specificatamente prescritte dal medico al bambino.

Durante la fruizione del congedo per malattia del figlio, al genitore non spetta alcun trattamento economico, fatta eccezione per i dipendenti pubblici.

I dipendenti del Pubblico Impiego per la malattia bambino infatti hanno diritto a 30 giorni di permesso ogni anno e all’intera retribuzione quando il bambino ammalato non ha più di 3 anni (art. 15 CCNL integrativo 8 giugno 2000 ritrascritto all’articolo 40 del CCNL2006-2009) e secondo l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni detto periodo retribuito può sommarsi al congedo parentale.

Nel periodo di fruizione del congedo, il genitore matura l’anzianità di servizio ma non le ferie e la tredicesima, ed ha una copertura totale della contribuzione.

Parzialmente diverso è il trattamento previsto in caso di figlio disabile.

Agevolazioni Figlio disabile, per mamme e per papà

Entrambi i genitori che hanno figli, anche adottivi, portatori di un handicap grave possono beneficiare di particolari agevolazioni.

Figlio con meno di 3 anni: prolungamento dell’astensione dal lavoro, il cosiddetto congedo parentale, con un’indennità del 30 per cento; una o due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento dei 3 anni del figlio disabile; tre giorni di permesso retribuito (mensilmente), periodo che deve essere ripartito tra i due genitori se entrambi sono dipendenti.

Queste agevolazioni sono revocate se il ragazzo disabile è ricoverato a tempo pieno in un istituto specializzato. Il diritto al congedo parentale è riconosciuto al genitore anche nel caso in cui l’altro genitore non ne abbia diritto. Non si richiede la convivenza, né l’assistenza esclusiva e continuativa. Il congedo parentale ordinario e quello speciale, sia come prolungamento dell’assenza, sia come riduzione dell’orario di lavoro, sono compatibili. La riduzione dell’orario inizia quando termina il periodo del congedo parentale ordinario. Il congedo speciale può essere utilizzato anche alternativamente, ma non cumulativamente, dai due genitori. L’alternativa è limitata al secondo e terzo anno di vita del figlio.

Figlio tra i 3 e i 18 anni: i genitori possono sempre usufruire mensilmente di tre giorni di permesso retribuito (ripartito tra i due genitori se entrambi sono dipendenti).

Figlio maggiorenne: in presenza di figli disabili maggiorenni si può usufruire dello stesso periodo di permessi mensili, ma in questo caso il diritto viene riconosciuto in caso di convivenza, se non sono presenti nel nucleo familiare altri soggetti che possano fornire assistenza; in assenza di convivenza, a condizione che l’assistenza della lavoratrice o del lavoratore soddisfi le condizioni della continuità e dell’esclusività.

I genitori di figli disabili anche maggiorenni possono beneficiare di un congedo retribuito di due anni, fruiti in modo frazionato o continuativo, ma deve essere accertato lo stato di handicap grave da parte di speciali Commissioni mediche istituite nelle Asl. Questo congedo, non fruibile contemporaneamente all’astensione facoltativa, spetta alternativamente alla madre o al padre anche adottivi. Dopo la morte di entrambi i genitori può fruire del congedo un fratello o una sorella, purché convivente. La sentenza della Corte Costituzionale numero 233 del 2005 ha stabilito che i permessi possono essere estesi ai fratelli non solo in caso di decesso dei genitori, ma anche se quest’ultimi sono inabili e quindi non possono occuparsi del figlio disabile.

Per quanto riguarda la contribuzione, sono sempre garantiti i contributi figurativi.

Nota bene: per accedere ed usufruire dei vari istituti descritti nel presente articolo occorre presentare apposita domanda corredata da idonea documentazione, a tal fine si consiglia di rivolgersi agli sportelli dell’INPS o dell’INPDAP , è anche possibile farsi assistere dai Patronati.


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Calendario

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