17 Marzo 2014 ARTICOLI

Alda Trifiletti

Dottoressa Alda Trifiletti, specializzata in Glottodidattica Infantile alla Sapienza di Roma titolare del centro linguistico The Bilingual Bridge di San Mauro Torinese, insegna inglese a bambini e ragazzi, strutturando percorsi personalizzati e utilizzando il metodo Hocus&Lotus, Jolly Phonics ecc.. , fornisce consulenze agli istituti scolastici per implementare progetti di bilinguismo.

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Il bilinguismo: un regalo prezioso per tuo figlio

Perché, per dirla come una mia collega marchigiana, dare l’opportunità ai propri figli di imparare una seconda lingua in età prescolare è un regalo prezioso? Sarebbe troppo ovvio citare la globalizzazione e le sfide lavorative che i nostri figli, volenti o nolenti, dovranno affrontare forse anche più di quanto non abbiamo dovuto fare noi.

In realtà secondo gli studi sul bilinguismo più accreditati (uno per tutti Traute Taeschner – Il Sole è Femmina – ed. Dinocroc per l’Università), l’apprendimento di una seconda lingua, qualunque essa sia, costituisce un vero e proprio arricchimento personale, in quanto l’esposizione a più codici linguistici in età prescolare mette in atto meccanismi cerebrali tali da favorire il pensiero creativo. Gli effetti derivano dalla necessità, in età assolutamente precoce, di dover giustificare l’esistenza di due “etichette” per una stessa cosa e, successivamente, dalla necessità di confrontare continuamente strutture linguistiche diverse per esprimere concetti similari o identici.

L’arricchimento appare tanto maggiore quanto più distanti sono le lingue imparate sotto il profilo dei suoni (fonetica) e della struttura (sintassi), in quanto il meccanismo di “allenamento” cui il cervello è sottoposto appare più complesso.

Al contrario, il cervello del bambino monolingue non è abituato a tutta questa “ginnastica” e per lui esiste identità assoluta tra la parola e l’oggetto. Tale convinzione “cerebrale” diventa più difficile da scalzare a mano a mano che l’età di apprendimento di una seconda lingua aumenta, tant’è che in età adulta si tende a diventare “schiavi” delle traduzioni anche laddove sarebbe possibile dedurre il significato in lingua straniera dal contesto.

E perché proprio in età prescolare, anzi ancor prima della scuola dell’infanzia?

Perché gli studi neurolinguistici hanno dato per assodato (uno per tutti il neuro-linguista Franco Fabbro) che la fascia di età in cui la funzione cerebrale dell’apprendimento del linguaggio risulta massima è proprio quella che va dalla nascita (e forse anche prima) fino ai tre anni. Alla nascita il nostro cervello distingue tutti i suoni, ad 11 settimane di vita inizia a selezionare quelli che ascolta più di frequente, perdendo la capacità di “sentire” e riprodurre gli altri.

E’ come se i bambini nascessero letteralmente “cittadini del mondo” e poi, progressivamente, diventassero uditori culturali. A questo proposito illuminante è il video relativo ad un intervento di Patricia Khul (codirettore de Institute for Learning & Brain Sciences – Università di Washington) in merito al “Genio linguistico dei bambini”

E se il bambino si confonde?

Questa è una delle reticenze di tipo “culturale” in assoluto più diffusa: il terrore che i bambini si possano confondere e che l’esposizione a più lingue incida negativamente sul corretto apprendimento delle stesse.

Il cervello dei bambini bilingui è più allenato dei monolingui, quindi nel lungo termine ciò costituirà sicuramente un vantaggio per loro, nel breve termine potrebbero utilizzare gli equivalenti linguistici (le parole che hanno lo stesso significato in lingue diverse) come sinonimi di una stessa lingua e quasi sicuramente nel loro linguaggio saranno presenti interferenze, mettendo nei discorsi in una lingua qualche parola di un’altra, finché il cervello avrà pienamente raggiunto la piena consapevolezza dell’utilizzo dei due codici linguistici e li impiegherà in modo appropriato in base all’interlocutore, alla situazione, al luogo ecc…

Tutto ciò è grave? Assolutamente no, è fisiologico.

Chi di voi conoscesse più lingue e si fosse trovato, come me, a parlare nell’arco della stessa giornata a più persone in almeno tre lingue diverse anche in età adulta il rischio delle interferenze sussiste. E ancora, chi di voi avesse esperienza di bilinguismo tra italiano standard e dialetto, se riflette, potrebbe riconoscere interferenze dialettali nel proprio modo di parlare italiano o in quello dei suoi familiari. Ciò impedisce di scrivere in lingua italiana corretta? No, dipende da quanto l’italiano si è studiato a scuola, ma questo è un altro discorso e non dipende dal bilinguismo.

Ma tutti questi bei vantaggi valgono solo per i figli, naturalmente bilingui, di genitori di nazionalità diversa?  

No, questo può valere per tutti: anche per le famiglie interessate a progetti di bilinguismo non madrelingua che, con i giusti accorgimenti possono esporre i propri figli a più lingue attraverso corsi, materiali, frequentazioni, vacanze ecc… Ovvio che la competenza dei bambini nelle due lingue sarà direttamente proporzionale al tempo di esposizione alle stesse; in ogni caso, un’esposizione costante ad una seconda lingua di un bambino a partire dalla nascita può dare risultare stupefacenti. Ed io me ne rendo conto ogni giorno di più osservando i miei figli.

Ma come si fa?

Questo lo scopriremo nella prossima avventura del bilinguismo.

See you all in the next adventure!


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