26 Dicembre 2013 ARTICOLI

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La barba di san Giuseppe

Se dico Raffaello cosa vi viene in mente?

Qualcuno sussurrerà Fornarina, ricordando la leggenda struggente dell’amore impossibile tra l’artista e Margherita, figlia di un fornaio di Trastevere.

Qualcun altro, in un lampo di memoria, dirà Sposalizio della Vergine, perché è proprio quel dipinto, che volle far riprodurre un dì lontano, sulla sua partecipazione di nozze!

Altri invece penseranno agli angioletti annoiati visti e rivisti su tazze, cravatte e magliette oppure a quei due filosofi, Platone e Aristotele, che scendono le scale della immaginifica Scuola di Atene.

Sono molte le opere di Raffaello che (più o meno consapevolmente) sono rimaste nella nostra memoria ma alla fine sono sempre Leonardo e Michelangelo a contendersi la palma del più “stramitico” del Rinascimento.

Le due tifoserie individuano le diversità dei linguaggi e scelgono l’uno o l’altro dei due toscani, perdendo così di vista le peculiarità del terzo grandissimo protagonista di questa stagione artistica.

Noi abbiamo finalmente a Torino l’occasione unica, specialissima di avere un Raffaello tutto per noi fino al 23 febbraio. Possiamo guardarcelo mille volte e anche di più se abbiamo la tessera musei, perché una volta sola non basta.

Raffaello sembra facile ma è difficile. È intenso, coltissimo e fantasioso!

Aveva una gran fame di sapere e un desiderio sconfinato di imparare cose sempre nuove.

Per migliorarsi guardava la Natura (certo!); gli Antichi (chi dice di no?), ma anche e soprattutto osservava come lavoravano gli artisti intorno a lui.

Uno in particolare lo aveva folgorato!

Era Leonardo da Vinci, un tipo eccentrico, corteggiato per la sua intelligenza da tutti i potenti del mondo di allora.  Leonardo era molto più di un artista e Raffaello ne seguiva le mosse fin da quando, appena 18enne, aveva potuto ammirare a Firenze il cartone preparatorio per il dipinto con Sant’Anna, la Madonna e il Bambino oggi al Louvre.

Oltre alla composizione, al tempo stesso semplice e ingegnosa, con i quattro personaggi (mettiamo nel gruppo anche l’agnellino!) inseriti in un triangolo ideale; oltre all’uso della tecnica dello sfumato che permetteva di eliminare l’innaturale linea di contorno lasciando che le cose fluissero le une nelle altre; oltre allo sfondo di nebbie e brume che da oltre 500 anni fa sognare gli appassionati di “misteri misteriosi”, altro ancora colpì l’animo acceso del giovanissimo e ambizioso Raffaello Sanzio.

Quel modo che avevano i personaggi di guardarsi e sorridersi.

Cosa si nascondeva nei loro cuori? I sentimenti espressi da Maria, da Sant’Anna e dal Bambino erano complessi, al punto da non avere un nome riconoscibile, erano per così dire “ineffabili”.

Certamente Raffaello aveva ben in mente questa lezione del grande maestro quando realizzò la Sacra Famiglia con San Giuseppe senza Barba (1506 circa), arrivato a Torino dall’Ermitage di San Pietroburgo e in mostra fino al 23 febbraio a Palazzo Madama.

Entrando nella Torre dei Tesori, la semi oscurità dell’ambiente fa risplendere ancor di più questa gemma.

I tre personaggi sacri, sono immersi in una luce morbida e dorata e compiono gesti naturali, adatti alla loro età e al loro ruolo. San Giuseppe pensa, Maria sorride e sostiene il suo piccolo, Gesù si torce aggrappandosi al collo della mamma.

Il dettaglio che più salta all’occhio è il volto sbarbato di San Giuseppe, talmente insolito da essere entrato nel titolo del dipinto. La storia dell’arte ci ha abituato al suo bel barbone che nei secoli è cresciuto fino a farsi sempre più soffice  e lanoso. Qui invece il viso è liscio e sbarbato, proprio come si usava allora.

E infatti quello di Giuseppe è un volto umanissimo e contemporaneo, probabilmente un ritratto come talvolta accadeva nelle rappresentazioni della Sacra Famiglia.

Giuseppe, la cui figura non a caso è lievemente arretrata ha le fattezze di un uomo qualunque, non giovane (come è giusto che sia) ma neanche particolarmente attraente.

Maria e il Bambino invece sono santi e splendidi. Appartengono evidentemente a un mondo celeste, lontano anni luce rispetto a quello del povero falegname di Nazareth.

Ma a cercar la barba si perde il meglio di questo dipinto.

Sono gli sguardi che rimbalzano da un volto all’altro, a dimostrare che Raffaello aveva compreso la lezione di Leonardo sulla traduzione in pittura dei sentimenti ineffabili.

E’ difficile dare un nome all’espressione di Maria che tristemente sorride, a quella di Gesù che in uno scatto si ritrae, o ancora di più, a quella intensa e toccante di san Giuseppe che ha gli occhi colmi di sentimenti grigi e scuri: dubbio, paura, perplessità…

Nessuna di questa parole e nessun’altra può tradurre l’espressione del santo, così umana e complessa. Un’espressione che non ha nome e tuttavia ci commuove.

Nessuna parola può farlo, ma i colori sì, se calibrati e stesi dalle mani di un grande maestro.

Così Raffaello, in questo dipinto, riesce a dipingere l’”ineffabile”, vincendo con qualche tocco di pennello la sfida tra la pittura e la poesia.

Raffaello. La Sacra Famiglia dell’Ermitage, sarà  a Palazzo Madama a Torino dal 21 dicembre 2013 al 23 febbraio 2014. Per maggiori info http://www.palazzomadamatorino.it/mostra.php?id_evento=206

QUIZ NATALIZIO

In quale di questi dipinti, san Giuseppe è senza barba?

a) Giorgione, Sacra Famiglia, 1500 circa. Washington, National Gallery of Art.

b) Andrea Mantegna, Sacra Famiglia, 1495-1500. Dresda, Gemaeldegalerie.

c) Luca Signorelli, Sacra Famiglia con Santi, 1490-92. Firenza, Galleria Palatina di palazzo Pitti.

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