18 Dicembre 2014 ARTICOLI

Avv. Maria Ferrara

Titolare dello Studio professionale MF Legal Office che offre assistenza e consulenza legale sia in ambito giudiziario che conciliativo, con particolare riferimento al diritto di famiglia. Appassionata del proprio lavoro e “preda” di un guizzo creativo che la porta alla ricerca continua di nuove esperienze. Riceve su appuntamento nel suo studio di Via Baltimora, 90 a Torino tel. 011/197.193.38

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Pensione di reversibilità contesa tra coniuge superstite ed ex coniuge

Qualche anno fa, nelle riviste “da parrucchiere” rimbalzava la dichiarazione della nota Carmen Di Pietro la quale pare avesse affermato che rinunciava a convolare a nuove nozze per non dover perdere la pensione di reversibilità di Paternostro, del quale era da anni rimasta vedova. Vera o no che fossa quella gossippata, possiamo trarne uno spunto virtuoso e provare capire qualche cosa di più sull’aspetto normativo della questione.

Cominciamo con qualche delucidazione:

La pensione di reversibilità è richiedibile qualora il defunto fosse già titolare di pensione diretta (vecchiaia, inabilità, anzianità).

Essa spetta, altresì, al coniuge separato e divorziato qualora ricorrano alcune specifiche condizioni: sia già titolare di assegno di divorzio; non si sia risposato; l’ex coniuge abbia iniziato l’assicurazione prima della sentenza di scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La L.74/87 (legge sul divorzio) prevede, inoltre, che il coniuge divorziato abbia diritto alla pensione anche se il defunto si sia risposato e sia in vita il nuovo coniuge.

E qui nascono i problemi!

L’ente erogatore, infatti, non paga automaticamente la prestazione ma deve attendere una specifica sentenza del Tribunale che divida la pensione tra i due interessati (coniuge superstite ed ex coniuge).

Ma secondo quali criteri e misure? Unico parametro cui la legge fa riferimento è la durata dei due matrimoni.

La Corte di Cassazione, nel suo più recente orientamento, ha però proposto un’interpretazione che va oltre il dato normativo. La Corte osserva che il parametro della durata legale del matrimonio non deve costituire l’esclusivo criterio di valutazione ai fini del trattamento di reversibilità, occorre altresì prendere in considerazione anche le condizioni economiche delle parti e la natura assistenziale e solidale dell’assegno divorzile, di cui la quota della pensione di reversibilità spettante al coniuge divorziato rappresenta la prosecuzione.

Con lo scioglimento del matrimonio a seguito di divorzio, infatti, sul piano successorio i coniugi perdono ogni reciproco diritto. Tuttavia, la legge ha previsto che l’ex coniuge superstite, già titolare dell’assegno, può vantare alcuni diritti in occasione della morte dell’altro coniuge iure proprio.

In tale contesto, si inserisce l’assegno divorzile previsto dall’art.5 L.74/87, a cui la giurisprudenza riconosce natura assistenziale e funzione solidaristica, inquadrandolo, in tal modo, nell’obbligazione alimentare ex art.433 ss. cc., obbligo che permane anche a seguito del divorzio, in forza del vincolo di affinità sorto dal matrimonio.

E’ dello scorso Giugno la sentenza della Cassazione (la n. 14793) che così recita “…la ponderazione in concreto dei diversi parametri rientra nel prudente apprezzamento del giudice del merito, fermo restando il divieto di giungere, attraverso la correzione del criterio temporale, sino al punto di abbandonare totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali…”

Pertanto, non si può totalmente prescindere dal considerare la durata dei due matrimoni in quanto la legge espressamente prevede tale criterio come guida per la ripartizione della pensione di reversibilità, ma il Giudice può è deve operare dei correttivi in modo che l’emolumento mantenga la sua natura assistenziale.

Una segnalazione importate: si sta parlando di coniugi, da questo discorso rimangono dunque escluse le convivenze. Nell’ipotesi in di una convivenza con un compagno o una compagna divorziata, l’eventuale reversibilità spetterà interamente all’ex coniuge.

In generale, Conditio sine qua non per l’ottenimento della pensione di reversibilità è l’esistenza del vincolo coniugale. Il “mero” compagno o la “mera” compagna del defunto nulla potrà ottenere. Al momento tale dettato legislativo sembra granitico sebbene da più parti siano giunte e continuino giungere richieste di modifica. Ma anche la Corte Costituzionale, ad oggi, è schierata per il “no”.

Piccolo spiraglio lo troviamo in quella giurisprudenza che ha riconosciuto un certo peso al periodo di convenienza che abbia eventualmente preceduto il matrimonio. E’ del 2012 una fra le prime sentenze che ha sommato gli anni di convenienza pre-matrimoniale agli anni di effettivo coniugo per arrivare a quantificare la durata complessiva – effettiva – del rapporto, e ciò proprio ai fini della ripartizione della reversibilità tra ex consorte e coniuge superstite.

In qualunque modo la si pensi, un solo fatto è certo: il diritto di famiglia è in continuo e rapidissimo movimento, tutto cambia e tutto si trasforma… sarà per spirito di conservazione?

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