12 Febbraio 2018 ARTICOLI

Alda Trifiletti

Dottoressa Alda Trifiletti, specializzata in Glottodidattica Infantile alla Sapienza di Roma titolare del centro linguistico The Bilingual Bridge di San Mauro Torinese, insegna inglese a bambini e ragazzi, strutturando percorsi personalizzati e utilizzando il metodo Hocus&Lotus, Jolly Phonics ecc.. , fornisce consulenze agli istituti scolastici per implementare progetti di bilinguismo.

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Quando mandare i ragazzi all’estero fa paura

Perché i ragazzini italiani sono poco propensi ad affrontare un’esperienza formativa all’estero?

Se da un lato sui giornali rimbalzano le notizie relative alla fuga dei cosiddetti cervelli italiani, dall’altro lato esiste una pletora di ragazzini adolescenti che ha pochissima dimestichezza con le esperienze fuori confine. Anche quando i genitori sono disposti ad investire in un’esperienza formativa all’estero in cui, generalmente, è previsto lo studio o l’approfondimento di una lingua straniera molti si rifiutano.

Come ha vissuto la lingua straniera adolescente italiano?

Proviamo a riflettere sui motivi di questo fenomeno. Proviamo ad immedesimarci in un adolescente italiano. Quali contatti ha avuto nella sua vita con la lingua straniera e come li ha vissuti?
Normalmente l’ha sempre vissuta come una materia a scuola. Sulla scarsa efficacia in termini di capacità comunicativa conseguente all’insegnamento delle lingue straniere con metodologie poco adeguate abbiamo riflettuto nello scorso articolo che trovate in “Inglese non è una materia”, mentre l’autorevole John Peter Sloan ne parla nell’articolo: Gli italiani? Don’t spik english. Sloan: «Fate troppa teoria».
Se aggiungiamo il fatto che in Italia non vi sono grosse opportunità di “vivere” una lingua straniera come strumento comunicativo, perché i film vengono doppiati, perché la diffusione su larga scala di programmi efficaci di insegnamento in CLIL di alcune materie restano una rarità, perché l’istituzionalizzazione di programmi di scambio in età scolare sono una chimera, quale motivazione potrà spingere un adolescente a scegliere un’esperienza formativa all’estero?
Un’esperienza in cui farà fatica a rapportarsi con il prossimo anche solo per ottenere informazioni banali?

Cosa può comportare una non-conoscenza delle lingue nei ragazzi?

Come genitori, operatori, insegnanti dobbiamo prendere coscienza del fatto che la non-conoscenza fluida delle lingue straniere da parte dei nostri figli erigerà una barriera solida e fortificata tra di loro e le opportunità di conoscenza, studio, scambio, arricchimento che si possono trovare oltre confine e di cui i loro coetanei stranieri sono agevolati ed incoraggiati a fruire molto prima. Ciò non significa incoraggiarli a stabilirsi all’estero per sempre, significa semplicemente fornire loro una chiave in più per accedere a conoscenze diverse che li arricchiranno qualunque cosa decideranno di fare nel loro futuro.
Se un ragazzino padroneggia la lingua del luogo diventa tutto più semplice. Le barriere della comunicazione magicamente cadono. Attraverso la capacità di comunicare e di esprimere i propri bisogni, le proprie opinioni passa il contatto e lo scambio con il mondo esterno, passa la nostra voglia di esprimerci e di arricchirci di esperienze. Tutto ciò è importante a qualunque età, ma soprattutto durante l’adolescenza.

Iniziamo da subito!

Quindi non aspettiamo di avere in casa un adolescente riottoso per investire sulla sua formazione linguistica, partiamo dall’età prescolare e tutto sarà più semplice.

See you all in the next adventure!


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