20 Dicembre 2016 ARTICOLI

Avv. Maria Ferrara

Titolare dello Studio professionale MF Legal Office che offre assistenza e consulenza legale sia in ambito giudiziario che conciliativo, con particolare riferimento al diritto di famiglia. Appassionata del proprio lavoro e “preda” di un guizzo creativo che la porta alla ricerca continua di nuove esperienze. Riceve su appuntamento nel suo studio di Via Baltimora, 90 a Torino tel. 011/197.193.38

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Riconoscere un figlio. Come, dove e quando…

Riconoscere un figlio. Come, dove e quando… ma soprattutto, i diritti e i doveri delle parti coinvolte.
Partiamo dalla nozione: il riconoscimento è l’atto con il quale uno od entrambi i genitori si attribuiscono la paternità o maternità di una data persona creando un rapporto giuridico con il figlio riconosciuto.

Ha  un senso parlare di riconoscimento solo per i figli nati al di fuori del matrimonio e non per quelli nati in costanza di matrimonio che acquistano questo loro status automaticamente in presenza delle condizioni previste dalla legge.

ll riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio può essere effettuato in un qualunque momento successivo alla nascita, davanti a qualsiasi Ufficiale di Stato Civile (avviene in modo rapido e senza costi, per le modalità burocratiche si può chiedere direttamente al proprio Comune), per testamento o per atto pubblico.

Il figlio nato fuori del matrimonio riconosciuto acquisisce il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per primo o, del padre se il riconoscimento è avvenuto congiuntamente.

Quanto il riconoscimento del padre è successivo a quello della madre il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, o può anche mantenere il cognome materno.

In caso di controversia sull’attribuzione del cognome ai minorenni, competente a decidere a decide il Tribunale dei Minorenni, per i maggiorenni decide il figlio riconosciuto.

Dopo il riconoscimento i genitori assumono, nei confronti del figlio naturale, gli stessi diritti ed obblighi che hanno nei confronti dei figli legittimi, sul punto vedi anche Convivenza e matrimonio, i figli sono davvero tutti uguali?

Nella pratica le situazioni che si vengono a creare sono le più diverse come nel caso di questa domanda – risposta pubblicata in I diritti di un genitore naturale e tutela del bambino.

Il genitore che per primo ha provveduto al riconoscimento può opporsi a che lo faccia anche l’altro; quest’ultimo può, però, ricorrere al giudice per veder riconosciuto il suo diritto. Il giudice deciderà nel solo interesse del minore. Il riconoscimento di un figlio che ha compiuto 14 anni non può essere fatto senza il consenso di quest’ultimo.

Quando il genitore non vi abbia provveduto spontaneamente, il figlio può far dichiarare giudizialmente la paternità e la maternità naturale. Se il figlio è minore, l’azione può essere iniziata dal genitore che lo ha precedentemente riconosciuto, o dal tutore.

Ci sono poi situazioni, invero non tanto rare, in cui è proprio la madre a preferire che il bambino cresca senza il padre: si pensi ai casi in cui il concepimento sia avvenuto con un perfetto estraneo, a seguito di una violenza o con una persona sulla quale non si ripone alcun tipo di affidamento, e sarebbe disposta a promettere all’uomo che non pretenderà mai nulla da lui purché scompaia dalla vita del figlio.

Si deve considerare che senza il consenso della madre, infatti, il padre potrà riconoscere il figlio solo dopo essersi rivolto al tribunale per ottenere l’autorizzazione al riconoscimento; il giudice in tal caso – in mancanza di opposizione da parte della madre – pronuncia una sentenza che tiene luogo del consenso mancante, assumendo tutti gli opportuni provvedimenti in relazione al mantenimento e all’affidamento del figlio.

Il riconoscimento da parte del padre, infatti, si intende un atto da compiersi nell’interesse del figlio e solo comprovate ragioni (anche addotte dalla madre nella sua opposizione) potrebbero giustificare un rifiuto al riconoscimento da parte del giudice.

Ma se, invece, l’uomo abbia riconosciuto il figlio, sarebbe lecito un accordo intervenuto con la madre che lo esoneri dal fare parte della vita del bambino? Così come un accordo che invece escluda la madre a beneficio del solo padre?

Certamente un accordo in tal senso non avrebbe alcun valore per la legge, in quanto quello di ricevere mantenimento, istruzione, educazione e assistenza da entrambi i genitori (anche se non coniugati o separati) è un vero e proprio diritto del figlio.

Tale diritto si traduce in un preciso dovere da parte di entrambi i genitori di dare ai propri figli piena assistenza morale e materiale, talché lo stesso mantenimento economico non è riconducibile al solo obbligo alimentare, ma attiene anche all’aspetto abitativo, culturale, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, alla opportuna predisposizione – fino a quando l’età dei figli lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, idonea a garantire tutte le necessità di educazione e di cura.

Si tratta di obblighi ai quali entrambi i genitori devono contribuire in misura proporzionale alle loro capacità (di lavoro professionale e casalingo) tenendo conto delle attitudini, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli.

Ciò non toglie che il giudice possa, in un contesto di regolamentazione congiunta dell’affidamento e del mantenimento della prole, prendere atto di accordi in deroga al principio di proporzionalità, sempre che non siano contrari all’interesse dei figli; tali accordi, tuttavia, non potranno in alcun modo eludere il dovere di mantenimento nella sua globalità.

In altre parole, se pur sarebbe legittimo un accordo col quale uno solo dei genitori, anche in ragione di un elevato reddito,  si assuma da solo le spese per il mantenimento del figlio, di certo non lo sarebbe quello che estrometta del tutto l’altro genitore dalla vita del bambino: escludendone la frequentazione, la necessità di acquisirne il consenso nelle questioni di maggior interesse, l’affidamento condiviso, ecc. ; un simile accordo, infatti, sarebbe contrario ad una serena crescita del minore e a veder garantito il suo pieno diritto alla bigenitorialità.

Ciò è tanto vero che, spetta allo stesso figlio il diritto a vedersi riconosciuto dal genitore che lo abbia abbandonato il risarcimento del danno morale provocato dalla sofferenza e dalle ripercussioni psicologiche derivanti dalla sua assenza a nulla rilevando, in un simile caso, la sussistenza di un “accordo di esclusione” intercorso tra i genitori.

Spesso  l’uomo non intende effettuare il riconoscimento del bambino in quanto nutre dei dubbi sul fatto di esserne il vero padre (ciò è tanto più facile quando il rapporto con la donna sia stato occasionale).

In tal caso, con la collaborazione della madre, più che mai opportuna, egli potrà decidere di effettuare un test di paternità anche al di fuori del procedimento giudiziario. In mancanza, dovendo essere prelevato un campione biologico dalla madre e tanto più dal minore, l’unica strada sarà quella di effettuare il test nell’ambito della procedura intrapresa in giudizio.

Occorre considerare anche l’ipotesi in cui la madre non voglia portare avanti la gravidanza

La legge riconosce alla donna una piena tutela giuridica per il caso in cui decida di partorire senza riconoscere il bambino; potrà mettere al mondo il piccolo nel più assoluto anonimato e permettergli di avere una nuova famiglia evitando così di compiere la dolorosa scelta dell’aborto.

Non così raro è il caso in cui figlio viene riconosciuto da chi non è il vero padre biologico,  vedi anache, nella sezione L’esperto Risponde i post: Riconoscimento figli naturali e  Riconoscimento da parte del padre non naturale .

Ciò può accadere quando:

– la donna abbia avuto una relazione extraconiugale e non abbia dichiarato alla nascita che si tratti di figlio “adulterino”: in tal caso, infatti, la legge presume che il marito della donna sia anche il padre del bambino;

– nel contesto di una relazione di fatto, il bambino venga riconosciuto da chi non ne è il padre naturale, ignorando l’infedeltà della propria compagna;

– il compagno o il marito della donna abbia scelto, al fine di tutelare madre e figlio, di riconoscere comunque il bambino come proprio, se pur nella consapevolezza di non esserne il vero padre.

Ad eccezione dell’ultimo caso, in tutti gli altri, il padre (non biologico) che abbia riconosciuto il figlio potrà intraprendere un’azione di disconoscimento o contestazione della paternità, se pur in presenza di precisi termini e condizioni.

La casistica è davvero varia e, a onor del vero, questo breve scritto nasce dalle tante domande su questa materia che sono giunte e continuano a giungere alla redazione di Torinobimbi,a acui è stato risposto nella sezione L’esperto Risponde.

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