10 Luglio 2014 L'ESPERTO RISPONDE

Flavia Cavalero

La dottoressa Flavia Cavalero è psicologa e psicoterapeuta. Cura la parte “psi” del sito www.psicomamme.it, svolge l’attività nel suo studio in via Bruino, 3 a Torino e si occupa di psicoterapia individuale e di gruppo nell'ottica del raggiungimento e del mantenimento del benessere psicologico. Riceve su appuntamento, tel. 333/3628327

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Voglia di mamma!

Buongiorno, sono la mamma di due bimbe Giada di 4 anni e mezzo e Noemi di 28 mesi.
Lavoro per 8 ore quindi vedo le mie bimbe dalle 17:30.
Arrivati a casa dopo l’asilo a tempo pieno, Giada mi chiede spesso, se sta guardando i cartoni animati: “mamma vieni vicino a me, o mamma mi prendi imbraccio, mamma mi fai le coccole”, se sta giocando mi chiede: “mamma vuoi giocare con me”. La stessa cosa vale per Noemi.
Noemi quando siamo a cena vuole stare sempre vicino a me, la stessa cosa vale anche per Giada.
Invece se Noemi cena prima, perché ha particolarmente fame, poi quando io e mio marito mangiamo, vuole venire imbraccio, io le spiego che ora mamma deve fare la pappa, a volte cedo io, a volte si arrende e va a giocare, tutto questo dopo aver pianto per un po’.
Io dedico loro del tempo, ma sembra a mio parere sempre poco, in quanto, la sera, devo dividermi tra giardini, eventuale spesa che faccio con loro, preparare la cena, coccolarle e giocare con loro, tutto questo dal lun al ven, il sab e la dom riesco a stare un po di più con loro anche se sono gli unici giorni in cui posso dedicarmi non solo a loro, ma anche a mio marito e alla casa. Usciamo a volte fuori città, andando spesso in campagna presso strutture per bimbi. Ma sembra che tutto questo a loro non basti, me ne accorgo da come e quanto mi cercano, hanno sempre sete di mamma, come se la qualità di tempo che passo con loro non sia ottima, forse è così, che consiglio mi da?!
Grazie, Marica.

Buon giorno Marica, le rispondo riferendomi alla teoria di Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese che, a mio parere, ci ha illuminato con studi molto importanti. Si tratta della teoria sullo sviluppo affettivo che, secondo l’autore, segue una via che va dalla dipendenza assoluta alla indipendenza:

1) Dipendenza assoluta – il bambino piccolo dipende in modo totale dalle cure materne e non distingue se stesso dalla madre

2) Dipendenza relativa – il bambino capisce di essere “altro” dalla madre, riconosce se stesso e la sua dipendenza

3) Indipendenza – il bambino percepisce se stesso e la madre come due entità separate ed è capace di affrontare il mondo.

Quale è il ruolo della madre in tutto ciò? Quello di rispondere alle esigenze del figlio, aiutandolo ad andare verso l’indipendenza. Winnicott parla di “holding”, ossia detenzione, ma nel senso di contenimento emotivo, nel senso di sostenere il figlio.

Probabilmente nel caso specifico Giada (che a quattro anni e mezzo potrebbe già aver raggiunto un maggiore distacco da lei) riproduce il comportamento della sorellina per gelosia.

Come accade a tutte le mamme che lavorano, lei deve “dividersi” tra tanti compiti e mansioni e, forse, il tempo che dedica a loro non è in realtà per loro ma ritagliato tra mille impegni. Potrebbe farsi aiutare da suo marito dividendo alcuni compiti con lui in modo di avere del tempo da dedicare esclusivamente alle bambine. Lo stesso però dovrebbe fare suo marito. Si tratta di riuscire a trovare una collaborazione che dia alle piccole la possibilità di stare con entrambi i genitori in modo equivalente, pur sapendo che esiste uno “squillibrio” naturale che le porta verso la mamma.

Saluti

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