11 Gennaio 2019 L'ESPERTO RISPONDE

Avv. Maria Ferrara

Titolare dello Studio professionale MF Legal Office che offre assistenza e consulenza legale sia in ambito giudiziario che conciliativo, con particolare riferimento al diritto di famiglia. Appassionata del proprio lavoro e “preda” di un guizzo creativo che la porta alla ricerca continua di nuove esperienze. Riceve su appuntamento nel suo studio di Via Baltimora, 90 a Torino tel. 011/197.193.38

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Riconoscere un figlio dopo il divorzio

Salve,
avrei una domanda, ho una relazione con un uomo che ha avuto un figlio in una relazione extra matrimoniale.
Il figlio in questione è stato concepito mentre lui stava divorziando ma poi il bambino sarebbe nato una volta che il divorzio è avvenuto.
Il bambino in questione, non è stato mai riconosciuto in quanto il mio attuale compagno gli è stato consigliato da parte di un avvocato di aspettare 5 anni prima di poterlo riconoscere in quanto la sua ex moglie avrebbe potuto fargli causa per adulterio.
Dunque, questo sarebbe il preambolo ed in sintesi la situazione.
Quindi la mia domanda sarebbe: sono passati quasi 4 anni, mi sono informata in giro, secondo voi, il mio compagno può riconoscere il figlio anche se non sono passati 5 anni senza incorrere a qualche atto legale da parte della ex moglie?
Cordialmente

Gentile lettrice,
prescindendo da ogni considerazione di ordine morale o etico sul caso che mi rappresenta, la sua domanda risulta comunque poco chiara sotto diversi profili.
Ad esempio quando Lei parla di  una eventuale “causa per adulterio”  dice una cosa non corretta, probabilmente frutto di una incomprensione con il professionista a cui il suo compagno ha chiesto consiglio.
Dunque, quello che posso fare in questo contesto è cogliere l’occasione per fornire a Lei e in generale ai lettori della rubrica, qualche informazione di carattere generale sulle conseguenze dell’adulterio nei procedimenti di separazione e divorzio, invitandoLa a rivolgersi nuovamente ad un professionista per approfondire il suo caso specifico, nel quale io non posso entrare.
L’art. 143 del cod. civ. dice che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà. Quest’ultima, assieme all’assistenza (morale e materiale), alla collaborazione ed alla coabitazione, rappresenta dunque un specifico dovere coniugale.
Detto questo, in caso di infedeltà, l’unica conseguenza legale che ne potrebbe derivare (il condizionale è d’obbligo per le ragioni che spiegherò tra poco) è che la separazione venga addebitata al coniuge che ha “tradito”.
Cosa comporta l’addebito? Effetti dell’addebito sono la perdita del diritto al mantenimento e la perdita dei diritti successori con riferimento al patrimonio del coniuge, in qualche raro caso il coniuge tradito potrà ottenere un risarcimento del danno (ma devono sussistere una serie di altri presupposti).

Ho parlato di eventualità dell’addebito, perchè secondo la corrente giurisprudenza quest’ultimo non scatta in modo automatico per il solo fatto del tradimento, occorre che l’infedeltà sia stata la causa della fine del matrimonio.
Se il coniuge che ha tradito riesce a provare che l’infedeltà è intervenuta quando la coppia era già in crisi o che, comunque, il rapporto si stava sgretolando per ragioni diverse e a prescindere dal tradimento, non subirà alcuna conseguenza.
Ora, se il tradimento è avvenuto quando la separazione era già in corso, viene da pensare che non possa essere stata l’infedeltà a causare la crisi coniugale la quale, essendo intervenuta prima, sarà presumibilmente da attribuirsi a fatti diversi.

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