Buongiorno Luisa,
la ringrazio per aver scritto una lettera dettagliata che mi offre uno sguardo di insieme e mi permette di articolare una risposta toccando diversi punti.
Quando i bambini presentano dei problemi a scuola, sono solita dire che scelgono la scuola come palcoscenico per rappresentare il loro disagio; spesso scelgono quel luogo perchè è proprio da lì che nasce il disagio, ma accade anche che usino quell’ambiente come fosse “la goccia che fa traboccare il vaso” nel senso che i problemi che incontrano a scuola son l’alibi che inconsciamente usano per mostrare le loro debolezze. Non è mai facile capire quale sia l’origine, ma è necessario individuarla perchè i bambini che presentano i sintomi che lei descrive non hanno le risorse per affrontare da soli la loro crisi e hanno bisogno dell’aiuto degli adulti.
In questo caso, prendendo il teatro come metafora, la scenografia che lei presenta è abitata da diversi personaggi, quello principale è sicuramente suo figlio, lei è il personaggio coprimario, poi abbiamo la coprotagonista che è l’insegnante e, infine, c’è la spalla che è il medico, che peraltro è l’unico uomo che compare.
Analizzando i personaggi sorge la prima domanda: il padre del bambino che ruolo ha in tutto ciò? Da come lei ne parla sembra che la situazione sia gestita solo da lei, se così fosse mancherebbe un personaggio fondamentale per ricoprire un ruolo importante che è quello paterno che a livello simbolico rappresenta anche le regole (oltre alla protezione, alla razionalità ecc ecc ).
La coprotagonista, ossia la maestra, ha un ruolo altrettanto importante ma mi sembra di capire che sia all’oscuro di quanto il bambino stia vivendo. Se così fosse mi chiedo come possa recitare al meglio la sua parte. E’ indispensabile che sappia che suo figlio lamenta questi mal di pancia e che presenta delle crisi di ansia scolastica, avrà sicuramente qualcosa da dire in merito e deve essere ascoltata. Lei è l’unica che conosce il comportamento del bimbo in classe, che conosce il clima della classe, che sa delle relazioni tra pari, ecc ecc. Tra voi deve nascere semmai un’alleanza finalizzata ad aiutare il piccolo.
Assente tra i nostri protagonisti c’è il pubblico, che possiamo immaginare che sia costituito dagli altri genitori. Ha avuto modo di confrontarsi con loro per sapere come viene raccontata la classe dagli altri bambini? Questo è un altro passaggio fondamentale.
Arriviamo al medico che esclude problemi di tipo fisiologico e questo è un bene, ma omette di darle un consiglio importante: consulti uno psicologo vis à vis se i problemi del bambino continuano.
In ultimo due suggerimenti alla mamma:
– Lei dice che “… per addormentarsi ha ancora bisogno della mia presenza e di notte puntualmente intorno alle 2 si sveglia per venire nel lettone, ma questo lo ha sempre fatto fin da piccolo.” A 9 anni dormire nel lettone non è un buon comportamento, o meglio non è adeguato nè per il bambino nè per la coppia genitoriale acconsentire a questa invasione di uno spazio che dovrebbe essere privato e intimo.
– Leggo nel suo scritto ” … Gli ho chiesto se non gli piace stare a scuola perché ha una maestra severa e quindi non sta bene a scuola oppure se è perché ha nostalgia di noi. Lui dice che non sta bene a scuola.” Quando si fa una domanda è preferibile non suggerire anche la risposta, perchè i bambini sono molto più scaltri di quanto noi immaginiamo e ne approfittano subito, quando capiscono il suggerimento (e lo capiscono sempre al volo!)
Spero di esserle stata utile.
Cordialità