19 Giugno 2014 L'ESPERTO RISPONDE

Flavia Cavalero

La dottoressa Flavia Cavalero è psicologa e psicoterapeuta. Cura la parte “psi” del sito www.psicomamme.it, svolge l’attività nel suo studio in via Bruino, 3 a Torino e si occupa di psicoterapia individuale e di gruppo nell'ottica del raggiungimento e del mantenimento del benessere psicologico. Riceve su appuntamento, tel. 333/3628327

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Piange e non vuole andare all’asilo

Mio figlio maggiore ha 5 anni. A settembre, quando ne aveva 4 e mezzo e la sorella appena 6 mesi, è andato all’asilo. Si è trovato subito bene con le maestre e gli altri bimbi. Dopo i primi giorni di inserimento, a dire delle maestre – che stimiamo – ha iniziato a lavorare benissimo, a divertirsi , a partecipare. Lo andavamo a prendere prima del pranzo, intorno alle 12.

Dopo un po’, ci ha chiesto spontaneamente di potersi trattenere anche per il pranzo. E qui sono iniziati i guai. Dopo alcuni positivi giorni, quando andavamo a prenderlo alle 13:30, trovavamo il piccolo in lacrime. Abbiamo scoperto che aveva mangiato una pietanza non gradita ma, verificando nei dettagli, abbiamo capito che non era stato affatto forzato. l’aveva mangiata per non deludere forse le maestre o per emulare gli altri. Gli abbiamo spiegato, con l’aiuto delle maestre, che doveva mangiare solo ciò che voleva, sia in quantità che in qualità. Insomma, doveva sentirsi liberissimo.

Dopo alcuni giorni la situazione è precipitata. Abbiamo stabilito, anche con il consiglio del nostro pediatra, che potevamo tranquillamente evitare il pranzo e tornare la vecchio orario. Così abbiamo fatto. Abbiamo ottenuto alcuni miglioramenti ma col passare del tempo, nostro figlio ha assunto un comportamento non di rifiuto totale ma certamente di scarsa volontà a stare all’asilo. In taluni ciclici momenti, anche con pianto e dispiacere profondo. Ha sempre chiesto di essere ripreso presto e, potendo scegliere (siamo liberi professionisti, non abbiamo problemi organizzativi) di restare ogni tanto a casa. Posso dire, in finale due cose certe: i compagni di classe e le loro famiglie, che abbiamo conosciuto, non lasciano spazio a dubbi di alcun tipo: si tratta di bimbi più  o meno vivaci, più o meno educati ma complessivamente si tratta di un gruppo comune e ordinario. Per quanto riguarda nostro figlio, è un bimbo sempre sereno (almeno a casa), circondato da affetto. Siamo p  ersone serie, semplici, stiamo insieme da 20 anni, ci amiamo, non abbiamo problemi di alcun tipo, lo abbiamo educato come i nostri genitori ci hanno educato. conduciamo una vita in famiglia, con abitudini e orari ordinari. Siamo quindi giunti alla fine dell’anno scolastico e ci troviamo in questa situazione. Posso affermare, con franchezza, che la nascita della sorella per lui è stato un evento complesso. Sono emersi momenti di palese gelosia, mai conclamatasi in atti o gesti particolari.

Mi scuso per il lungo intervento e resto in attesa di cortese riscontro. Con anticipata gratitudine, Emidio.

Gentile signore è molto probabile che il bambino soffra di gelosia per l’arrivo della sorella e manifesta questo stato d’animo con il rifiuto della scuola. Voi lo avete assecondato e ora lui ne approfitta un po’, risulta difficile dargli torto.

A settembre il bambino dovrà ricominciare a frequentare la scuola e in questi mesi di vacanza potete approfittarne per tranquillizzarlo  rispetto al fatto che l’arrivo della sorellina non ha pregiudicato il vostro amore nei suoi confronti.

Un consiglio che si rivela di solito efficace è quello di avere ogni giorno un momento solo vostro: per la merenda, per un gioco, per guardare insieme un cartone, per fare un giro ai giardinetti.

Un secondo consiglio è quello di “non cedere”  alle richieste del bambino quando constatate che l’ambiente che lo circonda è favorevole e positivo anche per insegnargli che le difficoltà si possono affrontare e che fuori casa ci sono regole comuni che vanno rispettate. Se il bambino sente voi sicuri lo sarà anche lui.

Un caro saluto

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