5 Dicembre 2014 L'ESPERTO RISPONDE

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Quando è il caso di rivolgersi ad uno piscologo infantile?

Salve,

ho un bimbo di 3 anni e mezzo che lo scorso anno ha frequentato il nido con uscita alle 13.

Non e mai andato volentieri solo gli ultimi mesi sembrava averlo accettato ma non era comunque felice di andare.

E’ molto timido ed ha molta difficolta a relazionarsi e giocare con gli altri bambini ma anche adulti. Da 15 giorni ha iniziato ad andare alla materna e i primissimi giorni (che restava 1 ora massimo 1 ora e mezza) si commuoveva solo ai saluti ora invece piange disperato e già la sera inizia a chiedere se domani e sabato o domenica. Ha il pensiero fisso di andare. Premetto che ora esce alle 12.40. La mattina mi ripete ossessivamente se andrò a riprenderlo dopo la merenda e se rimarrò fuori la scuola ad aspettarlo. Prima cercavo di spiegargli ora invece lo assecondo e gli dico che lo aspetto fuori e sono la prima ad entrare non appena aprono i cancelli.

Già da qualche giorno mi dice che vuole cambiare scuola e oggi quando l’ho preso dopo un po’ ha avuto un attacco quasi isterico per motivi futili (mi ero dimenticata il seggiolino dell’auto a casa e poi ho cambiato strada di ritorno) con urla continue e disperate, calci, pugni.

Volevo sapere se e il caso di rivolgermi ad uno specialista per capire cosa lo spinge a fare cosi anche perché la maestra mi ha detto che non vuole giocare con gli altri bimbi e tende ad isolarsi.

Cara mamma,

le difficoltà che manifesta suo figlio derivano da problematiche inerenti il processo di separazione-individuazione: il neonato è incapace di provvedere a se stesso ed ha bisogno di una figura adulta di riferimento (di solito la madre o una figura sostitutiva) dalla quale dipende sia per sopravvivere fisicamente, sia per la cosiddetta nascita psicologica. Questa è un processo intrapsichico che si svolge lentamente e che consiste nell’instaurarsi di un senso di separazione dalla madre e di un senso di  individuazione del bambino stesso, dovuto all’instaurarsi di un rapporto col proprio corpo ora vissuto come diverso rispetto a quello materno. Le principali conquiste di questo processo avvengono tra il quarto-quinto mese circa e il trentesimo-trentaseiesimo mese. A partire dal terzo anno di vita il bambino è in grado di tollerare l’assenza fisica della madre, grazie alla presenza di un’immagine materna interna sicura e stabile. In generale, quest’immagine interna è discretamente stabile nel bambino normale di tre anni, età riconosciuta anche in senso socioculturale come momento in cui il bambino è pronto ad iniziare la scuola materna. Quindi, come ho già scritto in altre risposte di questa rubrica, il distacco dai genitori avviene con tranquillità se il bambino ha la capacità di mantenere salde dentro di sé le figure interne genitoriali.

Le consiglio di non dire al bambino che lo aspetta fuori: se ho capito bene, il bambino è all’interno della scuola e lei rimane fuori (o comunque glielo fa credere) e in questo modo come pensa di rompere questa relazione simbiotica? Il bambino va staccato, chiaramente non in modo traumatico, ma va staccato. Gli dica in che momento della giornata lo va a prendere a scuola (dopo la merenda o quant’altro) e che nel frattempo ha delle commissioni da sbrigare. In questo deve essere ferma e risoluta e rispettare quello che dice al bambino.

Il bambino dice che vuole cambiare scuola: a mio parere non trarrà nessun beneficio da un cambiamento di questo tipo. Tenendo conto di quello che scrive, il problema non risiede nell’ambiente scolastico, ma in quello familiare.

Per quanto concerne l’attacco che lei definisce “quasi isterico”, va chiarito con l’aiuto di uno specialista e se dovesse ricapitare le consiglio di contenere suo figlio con l’abbraccio senza stringerlo o bloccarlo nei movimenti. Quasi certamente prenderà pugni e calci dal suo bambino, ma deve permettergli di sfogarsi e dargli la certezza che lei c’è soprattutto in questi momenti di aggressività e che accoglie la sua rabbia restituendogliela bonificata.

In ultima analisi, le consiglio di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per approfondire e all’occorrenza riconsiderare le dinamiche familiari, in primis la relazione madre-bambino. Il beneficio che trarrà suo figlio non riguarderà solo le dinamiche familiari, ma si ripercuoterà positivamente anche nelle relazioni coi coetanei e con le figure adulte esterne al nucleo familiare.

Saluti dalla psicologa

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