Cara mamma,
le difficoltà che manifesta suo figlio derivano da problematiche inerenti il processo di separazione-individuazione: il neonato è incapace di provvedere a se stesso ed ha bisogno di una figura adulta di riferimento (di solito la madre o una figura sostitutiva) dalla quale dipende sia per sopravvivere fisicamente, sia per la cosiddetta nascita psicologica. Questa è un processo intrapsichico che si svolge lentamente e che consiste nell’instaurarsi di un senso di separazione dalla madre e di un senso di individuazione del bambino stesso, dovuto all’instaurarsi di un rapporto col proprio corpo ora vissuto come diverso rispetto a quello materno. Le principali conquiste di questo processo avvengono tra il quarto-quinto mese circa e il trentesimo-trentaseiesimo mese. A partire dal terzo anno di vita il bambino è in grado di tollerare l’assenza fisica della madre, grazie alla presenza di un’immagine materna interna sicura e stabile. In generale, quest’immagine interna è discretamente stabile nel bambino normale di tre anni, età riconosciuta anche in senso socioculturale come momento in cui il bambino è pronto ad iniziare la scuola materna. Quindi, come ho già scritto in altre risposte di questa rubrica, il distacco dai genitori avviene con tranquillità se il bambino ha la capacità di mantenere salde dentro di sé le figure interne genitoriali.
Le consiglio di non dire al bambino che lo aspetta fuori: se ho capito bene, il bambino è all’interno della scuola e lei rimane fuori (o comunque glielo fa credere) e in questo modo come pensa di rompere questa relazione simbiotica? Il bambino va staccato, chiaramente non in modo traumatico, ma va staccato. Gli dica in che momento della giornata lo va a prendere a scuola (dopo la merenda o quant’altro) e che nel frattempo ha delle commissioni da sbrigare. In questo deve essere ferma e risoluta e rispettare quello che dice al bambino.
Il bambino dice che vuole cambiare scuola: a mio parere non trarrà nessun beneficio da un cambiamento di questo tipo. Tenendo conto di quello che scrive, il problema non risiede nell’ambiente scolastico, ma in quello familiare.
Per quanto concerne l’attacco che lei definisce “quasi isterico”, va chiarito con l’aiuto di uno specialista e se dovesse ricapitare le consiglio di contenere suo figlio con l’abbraccio senza stringerlo o bloccarlo nei movimenti. Quasi certamente prenderà pugni e calci dal suo bambino, ma deve permettergli di sfogarsi e dargli la certezza che lei c’è soprattutto in questi momenti di aggressività e che accoglie la sua rabbia restituendogliela bonificata.
In ultima analisi, le consiglio di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per approfondire e all’occorrenza riconsiderare le dinamiche familiari, in primis la relazione madre-bambino. Il beneficio che trarrà suo figlio non riguarderà solo le dinamiche familiari, ma si ripercuoterà positivamente anche nelle relazioni coi coetanei e con le figure adulte esterne al nucleo familiare.
Saluti dalla psicologa