Buongiorno,
della sua lettera mi hanno particolarmente colpito due passaggi e sono sorte alcune domande che le porrò con lo scopo di aiutarla a capire se ci sia un nesso di causa tra il nuovo comportamento della bambina e un episodio esterno.
Andando per ordine, inizio dalla frase “Da un po’ di tempo la sera piange prima di andare a dormire è angosciata, tristissima …”
Da quanto tempo? C’è stato qualche cambiamento importante in famiglia? E’accaduto qualcosa nella vostra famiglia o in quella di parenti o amici che frequentate? E’ accaduto qualcosa a scuola o a qualche compagno?
Cambiamenti che per gli adulti fanno parte di una routine, di un preciso progetto e che sono pianificati, possono invece risultare traumatici per un bambino che non vi sia stato preparato. Ad esempio un trasloco, che per gli adulti è sì faticoso e fonte di stress, ma fa parte delle ipotesi di un cambiamento possibile, può essere molto difficile da affrontare.
Anche cambiare compagni di classi o insegnanti può essere un passaggio faticoso. Porto questi esempi per cercare di orientarla non solo verso eventuali cambiamenti palesemente complessi (ad esempio una separazione dei genitori) ma anche verso più piccole trasformazioni della quotidianità.
Un’altra frase che mi è parsa significativa è la seguente “A volte mi è parso di capire che il problema fosse legato alla paura della morte …”
La morte è rimasto l’ultimo dei nostri tabù; se ne parla il meno possibile, specialmente con i bambini con l’idea di proteggerli da qualcosa che non è governabile. Così facendo in realtà non li proteggiamo ma contribuiamo a rendere “spaventoso” un fenomeno che appartiene alla vita stessa. I bambini sanno che esiste la morte nonostante tutti i nostri sforzi per negarla (a loro e a noi stessi); hanno modo di vederla nei cartoni animati, alla televisione (che guardano troppo), nei video giochi (che usano troppo), nei video dai cellulari (che non dovrebbero usare) eccetera eccetera … Attraverso questi strumenti loro conoscono l’esistenza della morte, ma sanno proprio solo che esiste, non ne capiscono né il senso né la dinamica. E’ un po’ come appartenesse al mondo dei sogni. Accade poi che si rendano conto che esiste davvero, magari in seguito alla morte di un nonno anche non il proprio nonno ma quello di qualche amico. E quando si rendono conto che la morte esiste davvero si fanno delle domande, ma poiché sanno che di morte non se ne può parlare, non si confrontano con un adulto e si danno delle risposte … e si preoccupano e si spaventano.
E’ forse accaduto qualcosa di questo tipo?
Qualche consiglio pratico:
– parli con gli insegnanti per capire se è accaduto qualcosa in classe, se c’è qualche problema e se la bambina ha cambiato comportamento anche lì
– giochi con sua figlia, scherzi sui suoi momenti di tristezza senza schernirla ma prendendo in gira la tristezza e non la bambina
– chieda alla bambina di disegnare i suoi stati d’animo e di abbinare a ognuno un episodio (sono felice quando… sono arrabbiata quando… sono triste quando…)
Se nel giro di poco tempo non riesce a venirne a capo e vede che la bambina presenta lo stesso disagio, le consiglio di rivolgersi di persona ad un collega.
Cordialità