15 Novembre 2009 ARTICOLI

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Autismo

Il termine “autismo” viene utilizzato per la prima volta dallo psichiatra Bleuter, ad indicare quel particolare “ripiegamento su se stessi e sul proprio mondo interno, che caratterizza alcuni soggetti schizofrenici”.
Tuttavia saranno Leo Kanner nel 1943, ed un anno più tardi, Hans Asperger, a definire e descrivere la patologia autistica, con ampie osservazioni, tuttora attuali.

Oggi si parla di sindrome di Kanner per indicare casi di autismo caratterizzati per lo più da isolamento, ripetitività, disturbo della comunicazione; e di sindrome di Asperger per definire casi di soggetti con minor livello di compromissione, dotati di buona comunicazione verbale e buon livello intellettivo, la cui difficoltà è riscontrabile soprattutto nell’area dell’interazione sociale reciproca.

Il DSM IV (Diagnostic and statistic manual of mental disorder, 4th ed.) utilizzato per le diagnosi psichiatriche, individua tre aspetti caratteristici, ai fini della diagnosi del disturbo autistico:

  • disturbo dell’interazione sociale reciproca;
  • disturbo della comunicazione verbale e non verbale e dell’attività immaginativa:
  • repertorio ristretto delle attività e degli interessi e il comportamento ripetitivo

La difficoltà principale delle persone autistiche consiste nel rifiuto della comunicazione: vi è incapacità ad accogliere e decodificare il messaggio ricevuto, soprattutto nell’intenzione comunicativa, al di là di come esso appaia, senza che venga accolta la coloritura dell’espressione.

L’intervento psicomotorio viene organizzato sulla base dell’osservazione del tono muscolare, del movimento e dello schema corporeo.

(riferimenti bibliografici: Ramaglia, Pezzana, Capire l’autismo, Carocci editore)


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