13 Maggio 2019 ARTICOLI

Alda Trifiletti

Dottoressa Alda Trifiletti, specializzata in Glottodidattica Infantile alla Sapienza di Roma titolare del centro linguistico The Bilingual Bridge di San Mauro Torinese, insegna inglese a bambini e ragazzi, strutturando percorsi personalizzati e utilizzando il metodo Hocus&Lotus, Jolly Phonics ecc.. , fornisce consulenze agli istituti scolastici per implementare progetti di bilinguismo.

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Certificazioni linguistiche: maneggiare con cura!

Avevamo già trattato il tema delle certificazioni in lingua straniera e di come, negli ultimi anni, gli enti certificatori abbiano moltiplicato le tipologie di esame e abbassato l’età cui è possibile accedervi nell’articolo: Conseguire una certificazione in lingua straniera da bambini: perché?

In questa avventura del bilinguismo torneremo sul tema certificazioni, ma in maniera diversa e più globale, analizzando la loro funzionalità rispetto all’apprendimento linguistico ad ogni età.

 

Al di là dell’età cui si decide di accedere ad un esame in lingua straniera e al di là della motivazione sottesa alla scelta, riflettiamo sul percorso propedeutico ad esso.

Infatti, partiamo dal presupposto che la certificazione, per essere funzionale, deve rappresentare l’obiettivo a conferma di una competenza linguistica solidamente acquisita e non una sorta di “addestramento” finalizzato al superamento di una prova.

In sostanza si dovrebbe fare lo stesso ragionamento che in lingua italiana si fa per qualunque prova di lingua, dall’Invalsi alle verifiche: conosco la lingua italiana? Sì la utilizzo tutti i giorni, almeno così è per i nostri ragazzi. Bene, allora posso testare alcune competenze specifiche come quella grammaticale, la comprensione di testi, la proprietà di linguaggio di un’esposizione, la scrittura.

Lo stesso ragionamento andrebbe traslato sulla lingua straniera.

Quando la competenza è raggiunta e consolidata ci si può esercitare specificatamente per un esame che certifichi la competenza del livello raggiunto.

Di certificazioni ve ne sono di vario genere, da quelle che testano il livello raggiunto nei 4 skills linguistici tradizionali (comprensione, produzione orale, comprensione scritta, produzione scritta) a quelli che si limitano a testarne alcuni di essi.

In base alla scelta del tipo di esame si potranno avere risultati diversi a seconda degli skills testati, perché c’è chi è più ferrato in comprensione orale, rispetto alla produzione scritta e via discorrendo. Tuttavia, l’esito finale, per forza di cose, sarà unico e globale, rappresentante una media dei risultati delle singole prove di ciascun skill.

Come genitori, insegnati e allievi dobbiamo avvicinarci alle certificazioni con la consapevolezza di tutto ciò.

Inoltre, il risultato deve essere un momento di riflessione costruttivo per riflettere proprio sui punti di forza e di debolezza che ciascuno di noi, volente o nolente, ha rispetto a una lingua (compresa quella madre), in modo tale da impostare il futuro percorso di apprendimento.  Questo approccio dovrebbe valere sia che si ottengano risultati eccellenti, medi e anche nel caso in cui la prova non venga superata.

Un esame è un esame, serve per darci dei segnali rispetto al nostro percorso di apprendimento, serve talvolta per motivarci, per capire quali aspetti dobbiamo rinforzare e ci restituisce un risultato medio globale di quello che abbiamo saputo e come tale va trattato.

Si cresce anche così, purché non si viva il tutto con eccessiva ansia da prestazione.

Vi ricordate i vostri di esami? Come vi sentivate? Come andavano?

La chiave di volta sta nell’impegno durante il percorso e serenità rispetto alla prova ed al risultato.

See you all in the next adventure!


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