15 Settembre 2014 ARTICOLI

Alda Trifiletti

Dottoressa Alda Trifiletti, specializzata in Glottodidattica Infantile alla Sapienza di Roma titolare del centro linguistico The Bilingual Bridge di San Mauro Torinese, insegna inglese a bambini e ragazzi, strutturando percorsi personalizzati e utilizzando il metodo Hocus&Lotus, Jolly Phonics ecc.. , fornisce consulenze agli istituti scolastici per implementare progetti di bilinguismo.

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Come scegliere un corso di lingua per i nostri figli?

Come scegliere un corso di lingua per i nostri figli

Pronti ad iniziare un nuovo anno scolastico? Tra i buoni propositi rientra quello di aprirsi al bilinguismo non madrelingua di cui abbiamo diffusamente parlato nelle precedenti avventure del bilinguismo? In fondo è meno complicato di quanto non sembri.

Bene! Allora, visto che abbiamo imparato che non è mai troppo presto per cominciare, tra le varie attività da proporre ai nostri figli potremmo iniziare a pensare ad un corso di lingua straniera.  Ma come facciamo a scegliere tra le numerose proposte che il mercato ci offre e che, per giunta, sono in continuo aumento? Abbiamo già fornito alcuni suggerimenti su questo aspetto, volti soprattutto a dare il giusto valore economico in rapporto all’effettiva efficacia delle differenti tipologie di corsi esistenti, tuttavia ci pare opportuno approfondire una questione fondamentale per effettuare una scelta il più possibile consapevole: la questione metodologica.

Lo ribadiamo, sul tipo di metodologia impiegata si basa l’efficacia del corso cui iscriverete i vostri figli e metodi eccellenti per utenti adulti non è detto, anzi in genere non lo sono affatto, che siano altrettanto eccellenti per i bambini.

Da una semplice indagine si può osservare che sono attualmente presenti sul mercato tre tipologie di corsi che andremo di seguito a descrivere, dando per scontato (cosa sempre da verificare) che in tutti i casi l’attività sia svolta in full immersion per le ragioni che abbiamo già spiegato.

Corsi “destrutturati”: quelli per cui in genere non sono stabiliti programmi specifici e codificati, non vi sono obiettivi linguistici predefiniti e gli insegnanti, magari anche madrelingui, non hanno alcuna formazione nell’insegnamento delle lingue ai bambini; questi corsi sono adatti a quei bambini che hanno già una buona base della lingua straniera e servono loro per incrementarne l’esposizione e la pratica.

Corsi basati su metodologie di stampo linguistico: quelli per cui sono stati determinati programmi, materiali didattici ed obiettivi linguistici, ma che, tuttavia, prevedono lo stesso tipo di apprendimento che viene previsto a scuola, cioè attraverso il sistema simbolico-ricostruttivo (per approfondimenti vedere F. Antinucci – La Scuola si è rotta – ed Laterza).

I bambini apprenderanno attraverso giochi, attività ed esercizi, non in maniera naturale e, come hanno avuto modo di studiare i neurolinguisti negli ultimi trent’anni, immagazzineranno la nuova lingua in un’area del cervello diversa da quella in cui risiede la lingua madre; faranno cioè un procedimento di apprendimento definito tecnicamente esplicito (citiamo uno per tutti Franco Fabbro – Neuropedagigia delle Lingue e Il Cervello Bilingue – ed Astrolabio) esattamente allo stesso modo in cui impareranno, o stanno già imparando, alla scuola primaria la storia, la geografia ecc…

Ora viene da chiedersi: è così che abbiamo imparato la lingua che sappiamo meglio, cioè la nostra lingua madre o il dialetto che parlavano i nostri nonni? Senza sforzo e senza neppure ricordarci in che modo? Poiché la risposta è evidente passiamo alla terza tipologia.

Corsi basati su metodologie di stampo psicolinguistico, quelli per cui sono stati determinati programmi, materiali didattici ed obiettivi linguistici basandosi, anziché sulle regole di funzionamento e comunicative di una lingua, sui processi mentali che sottostanno all’apprendimento delle lingue.

I metodi psicolinguistici creano quelle condizioni specifiche, dotate di caratteristiche codificate, nell’ambito delle quale si impara una lingua, portando ad immagazzinarla nella stessa area del cervello in cui risiedono la lingua madre e tutte quelle attività di cui abbiamo una competenza che definiamo “automatica” (come andare in bicicletta o nuotare). Il procedimento di apprendimento viene definito tecnicamente dai neurolinguisti di tipo implicito (Franco Fabbro – Neuropedagigia delle Lingue e Il Cervello Bilingue – ed Astrolabio) e si basa su attività specifiche  di tipo percettivo-motorio che prevedono, tra le altre, la ripetizione e un’acquisizione graduale dei significati e delle espressioni, esattamente quello che succede a tutti noi quando iniziamo a parlare.

Di conseguenza, si può concludere che i metodi psicolinguistici, come quello di Hocus&Lotus, sono i più efficaci perché insegnano a parlare in modo naturale ai bambini esattamente come è avvenuto per l’acquisizione della lingua madre.

Ed ora non ci resta di augurarvi: buona scelta!

See you all in the next adventure!


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