16 Maggio 2013 ARTICOLI

Lucia Barolo

La dott.ssa Lucia Barolo, Psicologa e Neuropsicologa, svolge valutazione e riabilitazione neuropsicologica per i disturbi cognitivi, sostegno per disagi del bambino e dell’adolescente; attività di parent training; attività di consulenza tecnica di parte legate a separazioni e divorzi, affidi e valutazioni delle capacità genitoriali; interventi di supporto e sostegno alla genitorialità; attività di sostegno psicologico alle coppie con bambini con difficoltà cognitiva e fisica. Riceve su appuntamento presso il suo Studio di Torino e presso lo Studio Emovere, viale Angeli 26/bis – Cuneo cell. 339-3163133 - [email protected]

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La dislessia

La dislessia è un disturbo che ostacola il normale processo d’interpretazione dei segni grafici con cui si rappresentano per iscritto le parole, è essenzialmente un difetto di automatizzazione dei processi di decodifica che si esprime principalmente in due modi: attraverso lentezza nel riconoscimento delle lettere e nel processo di conversione in fonemi, attraverso gli errori di decifrazione.

Alcuni bambini leggono male, ma comprendono ciò che leggono. Questo può creare una confusione che necessita di precisazioni. Anzitutto va chiarito cosa s’intende per lettura.

Con il termine “lettura” si intende un’attività che consente di comprendere il contenuto di un testo scritto. Questa attività è il risultato di una serie di processi molto complessi che comprendono:

  • il riconoscimento dei segni dell’ortografia;
  • la conoscenza delle regole di conversione dei segni grafici in suono;
  • la ricostruzione delle “sequenze di suoni” in parole del lessico;
  • la comprensione del significato delle singole frasi e del testo.

La dislessia interessa solo alcuni di questi processi, in particolare i primi tre, mentre non riguarda la fase di comprensione di una frase o di un testo.

I primi tre processi vengono considerati come le fasi di un’unica attività, chiamata attività di “decodifica” o “transcodifica”, in quanto consente di trasformare il codice scritto in codice orale, quello che usiamo per esprimerci verbalmente. Nel lettore esperto è molto difficile distinguere l’attività di decodifica dal processo di comprensione, poiché, quando un individuo legge un testo ha l’impressione di accedere direttamente al significato.

L’importanza di questo processo viene messa in evidenza proprio dal dislessico, cioè dal soggetto che presenta difficoltà nelle attività di decodifica, nell’attività di trasformazione dei segni dell’ortografia in suoni (che hanno un significato), concerne quindi il processo d’interpretazione dei degni dell’ortografia.

Dopo questa premessa è importante sottolineare che non è esatto definire dislessico qualunque bambino che non impara a leggere, solo una piccola percentuale è dislessica. Un bambino, infatti, potrebbe avere difficoltà a imparare il processo di transcodifica per motivi diversi, che non sono necessariamente legati a una peculiarità delle strutture cerebrali coinvolte nei processi di elaborazione dell’ortografia.

Il bambino dislessico, prima del suo ingresso nella scuola elementare, ha solitamente condotto esperienze soddisfacenti all’interno della scuola dell’infanzia; è stato un bambino vivace, curioso, creativo che, in alcuni casi può avere manifestato lacune nel linguaggio orale, in altri lacune nelle componenti percettivo – motorie. La definizione  di dislessia più recente, approvata dall’International Dyslexia Association  è la seguente:

“La dislessia è una disabilità dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella scrittura (ortografia). Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, che è spesso inatteso in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di una adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica nella lettura che può impedire una crescita del vocabolario e della conoscenza generale”.

Una prima distinzione viene fatta tra dislessia acquisita e dislessia evolutiva. Questa distinzione concerne “l’epoca” in cui insorge il disturbo di interpretazione dell’ortografia.

Nel caso della dislessia acquisita un soggetto che è in grado di leggere normalmente inizia a compiere errori oppure non riesce più a riconoscere le parole con la stessa facilità. Di solito queste difficoltà di decodifica sono la conseguenza di qualche evento patologico che ha determinato lesioni nelle aree corticali che sono coinvolte nel processo di decodifica.

La dislessia evolutiva si manifesta invece dall’inizio del processo di apprendimento della lettura. Il bambino mostra subito difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare le corrispondenze fra segni grafici e suoni, e ad automatizzarle, cioè a compierle in modo rapido e senza sforzo apparente.

Per un dislessico, l’impatto iniziale con il sistema scritto è molto difficile, in quanto la lettura di una parola, che noi concepiamo come un compito unico e semplice, in realtà è il risultato di tante singole attività che devono essere affrontate simultaneamente o comunque integrate in rapida successione: identificazione delle lettere, riconoscimento del valore sonoro convenzionale, mantenimento della sequenza di presentazione, rappresentazione fonologica delle parole, coinvolgimento del lessico per il riconoscimento del significato.

Nel dislessico la difficoltà  può presentarsi solo in una di queste attività  o anche in più di una e altresì appare evidente come la sua capacità di lettura e scrittura risulta significativamente inferiore rispetto alla sua vivacità intellettiva.

Nel leggere, il bambino dislessico, compie elisioni, sostituzioni, inversioni di fonemi ( “in” diventa “ni”; “il” diventa “li” ), confonde i suoni omologhi.

Nello specifico, le difficoltà del dislessico sono legate a problemi specifici di automatizzazione e velocizzazione del processo di lettura. Il soggetto non trova difficoltà particolarmente gravi nel linguaggio orale, ma nei compiti legati alla lingua scritta, sia relativi alla decodifica, sia relativi alla comprensione e all’espressione.

I dislessici dimostrano una particolare lentezza nella ricostruzione dei significati, a mano a mano che aumenta la complessità e la lunghezza del brano da leggere. Solo se guidati riescono a cogliere il valore e gli scopi del linguaggio come mezzo di comunicazione di idee diverse, poiché mancano loro le capacità di cogliere il significato della parola indipendentemente dal contesto in cui è inserita.

Le cause della dislessia non sono ancora chiare e il dibattito fra specialisti del settore è ancora aperto. Un’ipotesi, sostenuta da ricerche recenti, parla di fattori genetici: si è notato infatti che la frequenza del disturbo riguarda più i maschi che le femmine e che vi sono spesso casi di familiarità (cugini, zii, gemelli omozigoti ecc.). La dislessia diviene parte del corredo genetico del bambino, trasmissibile per via ereditaria, come il colore degli occhi, i lineamenti del viso, la tendenza all’obesità, alla longilineità, alla timidezza o all’aggressività.

Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha permesso di stabilire che la dislessia è una caratteristica costituzionale, determinata biologicamente e non dovuta a problemi psicologici o di disagio socio-culturale. E’ facile comprendere come in una cultura come la nostra, così fortemente legata alla scrittura, questo problema incida pesantemente condizionando la vita scolastica e in seguito la vita professionale.
I dislessici, infatti, non hanno “problemi d’intelligenza”, né problemi di socializzazione, almeno fino al momento in cui il confronto scolastico con i coetanei non li determina.

Il mancato riconoscimento della dislessia ha importanti conseguenze psicologiche, determina spesso l’abbandono della scuola e talvolta un futuro professionale di basso livello nonostante le potenzialità di creatività e di intelligenza che questi ragazzi manifestano; inoltre influisce negativamente sullo sviluppo della personalità e compromette un adattamento sociale equilibrato.

I bambini dislessici hanno diritto ad una diagnosi specialistica, che accerti quantità e qualità del disturbo, i punti forti accanto a quelli deboli. La diagnosi va fatta da uno specialista qualificato e deve essere il più possibile precoce.


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