Certamente la riforma del 2013 ha portato una grossa novità. La norma mette nero su bianco l’importanza che assume, nell’educazione e nella crescita dei minori, la conoscenza e la frequentazione dei nonni e conferisce a questi ultimi, e qui sta la reale innovazione, la possibilità di rivolgersi Giudice qualora ritengano che i rapporti con i nipoti siano ostacolati.
Come sempre, però, la lettura della norma non basta, per comprenderne la reale portata occorre capire come quest’ultima venga applicata concretamente dai Giudici (la cd. Giurisprudenza).
La giurisprudenza italiana è attualmente orientata nel ritenere che ciò che la legge garantisce e tutela il diritto dei minori ad avere un rapporto stabile con i propri parenti e non il diritto dei nonni di godere dei propri nipoti.
Non è una sottigliezza.
Secondo questa impostazione, il diritto dei più piccoli a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti non deve essere letto come il riconoscimento di un autonomo diritto di visita da parte dei nonni; esso rappresenta, invece, una condizione che obbliga il giudice a svolgere una adeguata indagine valutando, caso per caso, quali decisioni assumere nel prioritario interesse del bambino, tenendo in debito conto anche la volontà eventualmente espressa da quest’ultimo.
Di particolare interesse il caso recente in cui la Cassazione ha affermato il divieto di visita del nipote da parte dei nonni poiché questi ultimi erano in lite con i genitori del minore. La Corte ha fondato la decisione sull’interesse primario del minore a vivere e crescere nella serenità più completa, lontano da conflitti capaci di determinare in lui stati ansiogeni (sentenza 8100/2015).
Il punto di partenza e quello di arrivo è dunque “l’interesse del minore”.
Da segnalare però la posizione della la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale si è recentemente discostata dalla posizione dominante in Italia, arrivando a parificare la relazione tra genitori e figli a quella tra nonni e nipoti. La Corte ha avuto modo di specificare che i principi sanciti dalla Convenzione Europea sui diritti dell’uomo valgono non solo nel rapporto tra genitori e figli ma anche nel rapporto tra nonni e nipoti poiché anche queste relazioni rientrano nei legami familiari protetti dall’art. 8 di tale normativa. Parrebbe dunque che la Corte abbia voluto attribuire valenza assoluta al diritto degli ascendenti, libero da riferimenti o ancoraggi all’interesse del minore (sentenza CEDU 20.1.2015). Il condizionale è comunque d’obbligo in attesa di ulteriori pronunce.
Questo lo stato dell’arte.
Ad ogni modo, occorre considerare che ricorrere al Giudice (nazionale o internazionale che sia) significa inevitabilmente coinvolgere il minore in un processo che può essere lungo e faticoso. In questa materia è più che mai fondamentale un’attenta riflessione sui pro e sui contro nonché provare con ogni mezzo la via del confronto, lasciando la strada della lotta in Tribunale come ultima ed estrema possibilità.
Per esperienza professionale posso affermare che non sono rari i casi in cui i professionisti, in quanto soggetti terzi non emotivamente coinvolti e conoscitori della materia, riescono ad aprire la comunicazione all’interno di situazioni familiari che sembravano prima facie irrimediabilmente compromesse.
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