6 Febbraio 2014 ARTICOLI

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Parlare di sesso ai figli: consigli – 2 parte

Esistono due metodi diversi per parlare di sesso con i ragazzi: il metodo curricolare e quello incidentale.

Il primo metodo prevede l’organizzazione e la presentazione sistematica di alcuni argomenti preselezionati: in altre parole, si procede alla strutturazione di una serie di lezioni, ciascuna delle quali comprende un’esposizione iniziale e un dibattito finale.

Tali argomentazioni vengono proposte tenendo conto dell’età degli ascoltatori e delle conoscenze in loro possesso.

Chiaramente si tratta di un metodo adatto all’educazione sessuale nelle scuole, che necessita di una buona conoscenza degli argomenti da trattare e di adeguate capacità didattiche; il coinvolgimento emotivo è di facile gestione. Tale metodo è di difficile applicazione domestica: non si può pensare di incontrarsi tutti i lunedì in orario preserale per parlare di sesso in famiglia con una scaletta predisposta di temi da trattare. Da ciò ne consegue, che parlare di sesso in famiglia è più complicato rispetto alla gestione di un corso di educazione sessuale a scuola, perché i genitori, oltre a sentirsi emotivamente più coinvolti, non hanno a disposizione delle lezioni già preparate, ma devono improvvisare.

Il programma incidentale consiste nell’intervenire quando si verificano degli eventi che vanno ad incidere sulle conoscenze dei nostri figli e sul loro stato d’animo, in senso sia positivo sia negativo. Ciò accade quando si legge una notizia o un articolo sui giornali, si assiste ad una scena in televisione, accade un fatto a scuola, si ascolta un discorso tra i genitori o in seguito ad un evento fisiologico come il menarca o la polluzione. I genitori vengono colti alla sprovvista, devono organizzare un discorso sul momento e fare in modo che venga compreso, tenendo conto delle conoscenze dei loro figli.

Partendo dal presupposto che il compito dei genitori è decisamente più difficile rispetto a quello degli insegnanti, urge un consiglio. Innanzitutto è utile avere bene in mente un programma curricolare, cui fare riferimento per non sentirsi disorientati e per sapere quali argomenti trattare, con quali parole e come collegarli tra loro affinché abbiano un senso. Non è necessario e nemmeno umanamente possibile conoscere tutto: quello che non sappiamo lo apprendiamo insieme ai nostri figli; non dimentichiamo quanto possa essere formativo insegnare ai nostri figli come cercare la soluzione.

Passiamo alla scelta dei termini: è meglio usare un linguaggio volgare, scientifico o familiare? Il linguaggio scientifico è molto rassicurante per noi genitori, ma poco coinvolgente. È utile insegnarlo ai ragazzi, affinché possano utilizzarlo per esprimersi in modo appropriato in alcuni contesti. Il linguaggio volgare: come ci comportiamo se i nostri ragazzi utilizzano termini come cazzo, figa, fottere? In quanto educatori dobbiamo saper accogliere una richiesta di aiuto in qualunque forma essa venga presentata. È importante non mostrare imbarazzo e utilizzare nel discorso i termini usati da loro. E dobbiamo rimandare questo tipo di messaggio: “le parole volgari non mi piacciono ma nemmeno mi fanno paura; se per capirci meglio vogliamo usarle per un po’ io sono d’accordo; probabilmente ne troveremo insieme delle migliori” (Veglia F., Pellegrini R. C’era una volta la prima volta, 2003). Ciò significa proporre il nostro linguaggio come un modello di comunicazione, che ci servirà per sostituire poco per volta i termini volgari con altri più appropriati. E poi c’è il linguaggio familiare, fatto di parole semplici di uso quotidiano, inventate, perché no, con cui nominare in modo fantasioso ciò che concerne la sessualità. Quest’ultimo è senza ombra di dubbio da preferire.

In ultima analisi non dimentichiamo di tenere bene a mente qual è l’obiettivo principale di tutto questo: il benessere sessuale dei nostri figli. Essi conosceranno ed affronteranno la vita, secondo una modalità originale che è la loro; noi dobbiamo fornire le nostre conoscenze, esperienze, emozioni e mettere a loro disposizione tutto il nostro amore incondizionatamente. E dobbiamo avere la consapevolezza che le nostre conoscenze verranno trasformate e plasmate dai nostri figli secondo le loro conoscenze, esperienze e il loro stile di vita. E questo processo è necessario affinché ognuno possa diventare se stesso.

BIBLIOGRAFIA

Veglia F., Pellegrini R. (2003), C’era una volta la prima volta, Erickson, Trento;

Maxwell S. (2009), E’ ora di parlarne, Feltrinelli, Milano.

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