A volte la mamma si fa prendere dal panico e a volte (troppe ancora, per la verità), si lascia travolgere sia dalla depressione che il fiume di ormoni del parto e del post-partum provocano, sia dai consigli “saputelli” del vissuto di chi le sta intorno.
Ma quel bimbo è suo, questo dialogo è unico, ed i due protagonisti sono proprio quel bimbo e quella mamma!
E’ molto utile, anzi indispensabile, accorrere al bimbo che piange, prenderlo in braccio, cullarlo, dare il succhiotto, dare il seno, in quanto questi segni danno la sicurezza che ogni bimbo chiede, così come la ritmicità che gli procura calma, ma insieme a tutto questo è molto utile tenere in conto che tutto questo è solo un aspetto concreto dalla costruzione ben più ampia e prolungata nel tempo della RELAZIONE, che porta a felicità di mamma e bimbo, ed alla fiducia reciproca, che è sinonimo di fedeltà e stabilità del rapporto.
Il bambino piange e cerca contatto fisico, ma con esso cerca sicurezza e contenimento di sé e delle sue piccole e grandi frustrazioni: al genitore, ed alla mamma in particolare, l’arduo compito di accogliere questi stati d’animo e di condividerli, di metabolizzarli e, laddove è possibile, offrirgli sollievo, tranquillità e serenità.
Vorrei terminare con una frase di J. Dunn, che recita così: “come genitori dobbiamo fidarci dei nostri occhi e dei nostri sentimenti, come scienziati dobbiamo riconoscere quanto poco possiamo sapere”.
6 Ottobre 2007 ARTICOLI
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Relazione mamma-bambino
Se è vero che il pianto è una forma comunicativa (l’unica peraltro a carico del neonato!), è anche vero che la mamma lo deve affrontare con lo spirito giusto: non sempre è però così nella realtà.
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