17 Febbraio 2015 ARTICOLI

Alda Trifiletti

Dottoressa Alda Trifiletti, specializzata in Glottodidattica Infantile alla Sapienza di Roma titolare del centro linguistico The Bilingual Bridge di San Mauro Torinese, insegna inglese a bambini e ragazzi, strutturando percorsi personalizzati e utilizzando il metodo Hocus&Lotus, Jolly Phonics ecc.. , fornisce consulenze agli istituti scolastici per implementare progetti di bilinguismo.

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Il bilinguismo conta!

Un tempo, non poi così lontano, si credeva che il bilinguismo fosse appannaggio di pochi, di quei pochi cioè che avevano avuto la fortuna di nascere in famiglie in cui i genitori parlavano lingue madri differenti.

Bellissimo! Che fortuna! Tutta questa fortuna però si tramutava spesso in paura non appena l’infante, bilingue, commetteva un errore linguistico. Tutti i bambini, come ben sappiamo, commettono errori per anni prima di sviluppare una competenza linguistica pari a quella di un adulto, soltanto che il bambino bilingue commette questi errori nelle due lingue che sta imparando e, poiché talvolta conosce il termine per denominare un oggetto in una sola delle lingue, lo utilizza anche mentre parla l’altra lingua.

Di qui, orrore e paura: il bambino si confonde! Il bambino sarà sicuramente in ritardo nello sviluppo linguistico perché bilingue!

Questa sentenza, priva di qualunque fondamento scientifico, ha rallentato (e troppo spesso, purtroppo, rallenta ancora) il diffondersi del plurilinguismo come situazione auspicabile per la società.

Il fatto che un bambino, bilingue dalla nascita, faccia delle interferenze (mescoli cioè termini della lingua 1, mentre parla la lingua 2) significa che “naturalmente” le lingue non si apprendono per traduzione, ma il lessico di entrambe avrà uno sviluppo, per così dire, progressivo e parallelo i cui termini imparati saranno funzione delle esperienze sociali e affettive che il bambino ha avuto in ciascuna di esse (uno studio per tutti: Traute Taeschner – Il Sole è femmina – ed. Dinocroc per l’Università).

Se, per esempio, l’inglese è la lingua utilizzata in casa e l’italiano la lingua utilizzata a scuola, il bambino imparerà i termini che si riferiscono alle attività svolte in casa prima in inglese e i termini attinenti alle attività di scuola prima in italiano. Ovvio che quando a casa racconterà le esperienze avvenute a scuola tenderà ad usare il “linguaggio di scuola” e se lo farà in inglese facilmente utilizzerà anche parole in italiano. Una cosa è certa: il cervello del bambino non traduce!

La traduzione è un passaggio che arriva successivamente e che viene indotto da taluni metodi di insegnamento delle lingue, ma le lingue non si apprendono per traduzione.

Questo lavoro di continuo utilizzo e confronto di linguaggi diversi nel bambino bilingue fa sì che il suo cervello sviluppi maggior elasticità e capacità di relativizzare rispetto ad un bambino monolingue (uno studio per tutti: Franco Fabbro – Il Cervello bilingue – ed. Astrolabio).

Dice la Dott.sssa Livia Daveri (Direttore dell’Ufficio per l’Educazione e Sviluppo dell’Infanzia a livello primario interculturale al Landesweite Koordinierungsstelle der Kommunalen Integrationszentren della Nord Reno Westfalia):

Il fatto che una nuova lingua possa “disturbare” l’apprendimento di un’altra è un’idea ormai sorpassata e addirittura la ricerca ha dimostrato l’esatto contrario. Ricerche di neurolinguistica, per es. quelle di Rita Franceschini e colleghi, dimostrano una maggiore plasticità cerebrale in adulti che hanno appreso nella prima infanzia due o più lingue. Un cosa particolarmente stupefacente è come questi individui plurilingui dimostrino un’attività neuronale più intensa in alcune aree cerebrali rispetto ai monolingui. (…)  Il fatto quindi che un bambino ancora “insicuro” in una qualsivoglia lingua inizi l’apprendimento di un’ulteriore lingua non ha nessun effetto negativo, anzi il fatto di apprendere un’ulteriore lingua sfrutta, attiva, esercita ed aumenta la plasticità cerebrale, che si manifesterà (se le lingue di tale bambino verranno poi “adeguatamente curate”) con molti aspetti positivi”.

Per concludere: il plurilinguismo sociale è una ricchezza, sempre e comunque, qualunque siano le lingue interessate (italiano, inglese, arabo, tedesco, cinese). Anzi più le lingue apprese sono molto diverse tra loro, maggiore sarà l’esercizio cerebrale che il bambino dovrà fare.

Per chi fosse interessato ad approfondire questioni scientifiche inerenti al bilinguismo rimando al sito web di Bilingualism Matters, ente presso l’Università di Edimburgo che ha come obiettivo quello di diffondere il più possibile i risultati delle ricerche scientifiche in merito ai benefici del bilinguismo.

See you all in the next adventure!


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