Non tutte le coppie sono mediabili.
Ci sono casi, infatti, in cui la Mediazione familiare non è opportuna:
- quando nella storia della coppia si sono verificati episodi di sfruttamento sessuale, di violenza agita sul coniuge o sui figli, nonché condotte di tossicodipendenza o alcolismo;
- quando le parti agiscono per ottenere un risarcimento o per mortificare il partner, credendo in questo modo di farsi “giustizia”;
- quando vi è una malattia psichiatrica riconosciuta.
Vi sono, ancora, casi in cui la Mediazione familiare ha scarsa possibilità di riuscita:
- quando c’è assoluta mancanza di comunicazione tra i componenti della coppia: le parti non manifestano alcuna volontà di dialogare, né di litigare; quando ricercare possibili accordi diventa impossibile, pensare al bene dei figli risulta uno sforzo insopportabile, perché ognuno dei due considererà l’altro come se non esistesse;
- quando ci si trova di fronte a casi nei quali vi è un legame disperante (per intenderci, quelle coppie che non riescono a separarsi perché continuano a sperare in un cambiamento dell’altro) o quando nella coppia uno dei due genitori è completamente escluso dalle decisioni riguardanti la crescita dei figli.
Con queste coppie la Mediazione è ad alto rischio di fallimento, con possibile alimentazione del senso d’impotenza e dell’idea di inevitabilità del conflitto. La difficoltà di procedere nel percorso di Mediazione non è, tuttavia, per sempre: a volte il tempo permette al singolo o alla coppia di elaborare il conflitto e di accedere alla Mediazione familiare in un clima di rispetto reciproco, nell’obiettivo di donare a sè maggiore serenità e ai propri figli una genitorialità condivisa.
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