14 Ottobre 2014 ARTICOLI

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Un mondo oltre i pallini!

pop-art a Torino

Vi i siete accorti cosa è successo alla GAM? Da qualche giorno si dà arie … POP! Non solo le sono spuntati ovunque pallini colorati, ma di notte, quando il sole si spegne, brilla di mille e mille puntini blu.

Questa allegra epidemia ha un suo perché. A Torino è arrivato Roy Lichtenstein, il papà della Pop Art. Fino a gennaio saranno esposte a Torino oltre 200 opere che ne raccontano l’avventura arttsica da un punto di vista molto particolare: sono in gran parte disegni, idee fresche fresche, spuntate nella testa di Roy e tradotte con un guizzo grafico sulla carta.
Alcune di queste verranno sviluppate in quei capolavori che abbiamo visto migliaia di volte ovunque si parli di Pop-art, ma grazie a questa super-mostra impareremo che Lichtenstein è molto di più!
Così, dal momento che La Pirì è allergica alle parole fritte e rifritte (esattamente come voi “lettori dal cuore bambino”), armata del solo entusiasmo (e cioè senza neanche una penna per gli appunti), si è recata alla GAM per potervi preparare un itinerario da percorrere OBBLIGATORIAMENTE con pargoli al seguito!
Prima sosta: le pennellate astratte. Sembra impossibile che l’autore di questo foglio sia lo stesso dei fumetti giganti cui colleghiamo istintivamente il nome di Lichetnstein. Eppure è così, lo studente d’arte newyorkese che aveva conosciuto in Europa il Cubismo di Picasso (c’è un po’ di Guernica in Kinght and Horse, 1950) e il Surrealismo di Mirò, tornato a casa e diventato professore, segue con attenzione le sperimentazioni contemporanee. In quegli anni negli U.S.A. spopolava l’espressionismo astratto. Pollock e De Koonig muovevano i pennelli sulla tela seguendo i moti (spesso violenti) del proprio animo. Anche Lichtenstein osserverà con attenzione le sensazioni che possono offrire i colori gettati sulla superficie ma da subito conterrà la violenza del gesto in confini definiti e controllati.
Appena un passo e notiamo qualcosa di strano! Il tratto è sempre violento ma, incredibile, tra un colpo di china e l’altro spunta il muso di…. Topolino! Roy è da poco diventato papà (dalla prima moglie Isabel Wilson) e guarda con curiosità il mondo dei fumetti. Più che goderne come lettore, si interroga su quali siano i meccanismi che li rendono così efficaci. “Che forza queste immagini” deve aver pensato. “Tirate fuori dalle strisce e riprodotte in dimensioni monumentali possono diventare opere d’arte!”. Parte da Mickey Mouse II (1958) e da Bugs Bunny (1958) e arriverà ai supereroi della Marvel.
Passano alcuni anni e l’attenzione si concentra sempre più sul mondo della pubblicità e del quotidiano. Roy usa grandi tele per riprodurre, con tratto largo e semplificato oggetti comuni: la tazza di caffè, il tubetto di dentifricio, un aeroplano. Con “Knock knock” (1962) arriva a trasformare in segno anche il rumore che provochiamo con le nostre nocche bussando a una porta. Sta nascendo le Pop Art. Andy Warhol nel 1968 pubblicherà le scatole di Fagioli Campbell’s.
A questo punto tutto si fa “Pop” (Pop study, 1966). Suoni, paesaggi, scene di guerra, la bandiera americana. Passando attraverso le mani di Roy la realtà diventa bidimensionale, le forme si contengono in linee perfette e i colori si riducono al giallo, rosso e blu. Sono gli anni in cui le opere di Roy raccontano il mondo americano con la sua moda e i suoi sentimenti (Drawing for Girl with Hair Ribbon, 1965).
Fanciulle in ambasce, dalle bocche perfettamente disegnate e dai grandi occhi bordati da ciglia, pronunciano frasi sospese: “Oh Jeff I love you too, but…”, oppure annegano, perfettamente pettinate, lacrimando gocce di gelatina!
L’ironia percorre questi fogli e mette a nudo i luoghi comuni dei tempi di Grease ed Happy Days.
In quegli stessi anni arriva, inoltre, la zampata del genio, quella che consegnerà Roy alla fama.
Nel 1961 con “Look Mickey!” , applica per la prima volta i ben-day dots, riproduce cioè in dimensioni macroscopiche i puntini del retino tipografico. Il retino che era stato inventato nel 1878 da Benjamin Day, per risparmiare sui colori (consentiva infatti di ottenere le mezze tinte accostando semplicemente i puntini dei quattro colori base) diventa in Lichtenstein una cifra stilistica inconfondibile (Sunrise separation drawing for blue, 1965). I pallini Ben-day (Ben-day dots) verranno usati per i rumori, per i paesaggi, per i vapori (Landascape with boat, 1996).
“In quasi mezzo secolo di carriera ho dipinto fumetti e puntini per soli due anni. Possibile che nessuno si sia mai accorto che ho fatto altro” – si lamentava l’artista.
Ma no, ma no, Roy! Andiamo avanti nel nostro percorso!
Negli anni Settanta, dopo aver trasformato la realtà, Lichtenstein, che già nel 1969 aveva giocato a riprodurre in Pop-art i covoni di Monet (Haystack and Haystack), rivisita anche l’arte classica e quella delle avanguardie storiche: dalle rovine greche, a Matisse, Picasso (Picasso Head, 1984), Hokusawa, e Magritte (Autoritratto, 1977).
Da questo punto in poi, la visita alla mostra prende il sapore di una caccia al tesoro. Le citazioni si rincorrono a partire dalla mucca che progressivamente si fa cubista e quindi astratta (e qui il ricordo va al manuale di storia dell’arte con le varie fasi di trasformazione del ciliegio di Mondrian!).
Quando poi passiamo ai dipinti che riproducono gli interni, spesso proprio quelli di casa sua, il gioco diventa complicato! Come in un videogame di oggi troviamo quadri nel quadro: auto-citazioni, citazioni di altri in versione Pop, o in originale.
Sembra di entrare in un mondo di specchi che si riflettono (altro tema molto amato dal maestro di New York), o forse in un modo virtuale!
Non a caso proprio all’arte virtuale si stava dedicando Lichtenstein negli ultimi anni di ricerca. Infine un cenno ai nudi. Nessun timore, sono nudi da fumetto, senza sensualità, senza imbarazzo. Disegni puri, puliti nel tratto, solo segno: un po’ come la forchettata di spaghetti che dedica alla misteriosa Manuela (Spaghetti!, 1989).

Supequiz dedicato a chi ha DAVVERO visitato la mostra.
Come si raffigura Roy Lichtenstein nel suo autoritratto del 1977?
a) Con il volto di Mickey Mouse
b) Con il volto formato da uno specchio
c) Con il volto formato da una fetta di formaggio

Soluzione del quiz precedente “Sei capolavori in cerca d’amore
In quale dei sei dipinti in mostra si trova il dettaglio del piatto con la frutta? Soluzione:
Nella Madonna con Bambino dello Schiavone


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