17 Ottobre 2013 ARTICOLI

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Puzza di zolfo!

Lo so, non è una festa nostra.

Viene da fuori, viene da lontano, è rumorosa, fracassona e pure commerciale…

Ma quanto piace Halloween ai nostri bambini!

La Pirì quest’anno ha deciso di rassegnarsi o meglio di modernizzarsi e di lasciare entrare un po’ di mistero anche a casa sua.

Non è così semplice.

La Pirì è una madama nostalgica!

I suoi “anta” suonati”, la spingerebbero a rievocare la dolce malinconia della “Festa dei Morti”, quando si dividevano i crisantemi tra le tombe senza fiori e si leggevano nomi antichi sulle lapidi consunte; si ricordavano i bisnonni e gli avi più lontani e si chiudeva con un cartoccio di caldarroste… 

Ma i suoi figli non ci stanno.

“Posso portare al cimitero la zucca che si illumina?” chiede la piccola, che da due giorni indossa regolarmente, pasti esclusi, un cappello da strega.

NO!!!

Però, senti, possiamo fare così: dedicare un giorno al ricordo di chi non c’è più e festeggiare l’altro con chi c’è ancora, cosa ne dici?

“Sangue e sputo?” – Chiede allungando la manina.

Sangue e sputo: patto fatto (l’esercizio della diplomazia spesso va a scapito della coerenza).

E’ fatta, è Halloween.

E allora perché non raccontare anche ai Piccoli Turisti una delle moltissime storie di paura che circolano a Torino?

Per esempio quella sull’edificio che ospita la Banca Nazionale del Lavoro, costruito, nel lontano 1673, per Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, ministro delle Finanze alla corte dei Savoia.

Siete pronti? Abbassate le luci e accendete le candele… questa è la storia della Casa del Diavolo!

Il Palazzo Trucchi di Levaldigi, che presenta all’incrocio tra via XX settembre e via Alfieri un’insolita (per Torino) facciata angolare, godeva di una fama sinistra già alla posa della prima pietra.

 “Come può il conte Trucchi, arrivato da Savigliano senza neanche la laurea in legge, essere diventato un super ministro delle finanze… che neanche il Colbert del re di Francia? Come può avere accumulato tanti soldi da poter commissionare palazzi addirittura ad Amedeo di Castellamonte? Ha forse venduto l’anima al diavolo?”.

Così chiacchieravano i torinesi più pettegoli.

Il Trucchi per un po’ aveva sopportato, ma poi aveva deciso a giocare uno scherzo a quella banda di maldicenti e aveva chiesto di far realizzare il portone in segreto, fuori Torino, e quindi di montarlo sui cardini nel corso di un’unica notte.

Così accadde.

Pietro Danesi, preparò il disegno in splendido stile barocco, nascondendo negli intagli figure inquietanti e misteriose; una bottega parigina lavorò il legno e consegnò all’architetto Castellamonte l’opera fatta e finita.

Così accadde che una mattina del 1675, i torinesi, che fino alla sera prima potevano spingere lo sguardo nel cortile del Palazzo, si trovarono inaspettatamente la visuale sbarrata da un portone colossale, alto oltre 6 metri e pesante diversi quintali.

“E’ certamente opera di magia nera –  sussurravano tra loro piano piano – ieri non c’era e oggi c’è”.

E intanto, mentre si scambiavano le ipotesi più fantasiose, lo sguardo era caduto proprio al centro, sul batacchio in bronzo.

Orrore! Avevano esclamato –  Quello è lui! E’ Satana, Belzebù è il diavolo, insomma!!”

Per bussare, inoltre, non era sufficiente mettere la mano su quella testa cornuta, ma bisognava poggiarla proprio sulle due lingue di serpe che uscivano dalla bocca!

“Questo portone è opera del diavolo, tutta la casa è opera del diavolo. Questa è La Casa del Diavolo!

Insomma, io non so se i nomi si portano dietro qualche destino ma, fatto sta, che negli anni a seguire accaddero nel palazzo due inspiegabili fatti di sangue.

Il primo riguarda una ballerina.

Emma Crochet venne pugnalata a morte nel corso di una festa  di Carnevale a tema.

Lei ballava tra finte fiamme dell’inferno, simulando un’anima dannata.

Immediatamente dopo il delitto si scatenò una tempesta.

I vetri si infransero, una ventata gelida spazzò il salone e spense tutte le luci.

Tutti fuggirono, l’assassino si dileguò.

Oggi si dice che il fantasma di Emma vaghi ancora per le stanze del Palazzo.

Circa trent’anni più tardi, nel 1817 fu un uomo a sparire.

Il maggiore Melchiorre Du Perril, varcò il portone di Palazzo Levaldigi per ritirare delle carte segretissime e non uscì mai più.

Nel 1837, vent’anni più tardi, due muratori trovarono uno scheletro umano murato, con addosso brandelli di uniforme.

Il diavolo si era preso anche il maggiore.

Forse Du Perril, mentre bussava al numero 15, con le mani tra le serpi del batacchio, avrebbe dovuto sapere che, nei Tarocchi, il 15 è il numero del diavolo.

Un’ultima inquietante notizia: sapete cosa c’era palazzo Levaldigi, in quegli anni?

La sede della Real Fabbrica dei Tarocchi.

Una coincidenza da Brivido, non vi pare?

SUPERQUIZ!
Tra gli intagli barocchi del magnifico portone si nasconde:

a)    Un draghetto

b)   Un topino

c)    Un pipistrello

d)   Una sirena

e)    Uno gnometto

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Soluzione del Quiz precedente Riuscite a riconoscere le opere d’arte custodite nei quattro musei Torinesi citati nell’articolo?

 

Fig 1) Defendente Ferrari, Sposalizio della Vergine, la fanciulla sulla destra 1515. Palazzo Madama, Museo Civico di Arte Antica.

Fig 2) Cavallo da parata in terracotta grigia. Henan, Dinastia Wei Settentrionale, prima metà del VI secolo d.C., Mao, sezione Cina

Fig 3) Lucio Fontana, Concetto spaziale – Attese, 1964, GAM.

Fig 4) Borgo medievale, Sala da pranzo baronale, Orto medievale.


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