Gentile signora,
la ringraziamo per la sua domanda, così ricca di dettagli sui vissuti emotivi che coinvolgono tutte le persone a lei care. Antonio è un bimbo che racconta con le sue reazioni aggressive tappe che nello sviluppo sono importanti, significative, ma lei le chiama proprio “traumatiche”.
Le parole che usiamo sono fondamentali, perché sono la condivisione in famiglia degli eventi quotidiani. E un “trauma” è un episodio che sconvolge per la sua carica emotiva, sia perché in sé molto complesso sia perché dall’altra parte c’è una fragilità, che impedisce di farvi fronte a sufficienza. La ludoteca privata, l’orario pomeridiano, infine la nascita di una sorellina, sono momenti di crescita in cui un bimbo piccolo è messo a dura prova e a due anni e mezzo è davvero come superare una montagna, ma quell’aggressività lì è proprio speculare all’idea degli adulti che ci sia stato un “trauma”. Mamma pensa che sia sconvolgente, io penso di essere sconvolto. Inutile dire cosa venga prima e cosa dopo. Resta il fortissimo legame tra voi due, ribadito dalle reazioni alla ludoteca, dal rifiuto di nonna, dalla paura in una sua scomparsa. Saremmo curiosi, ad esempio, di sapere ora come è stato raccontato il passaggio all’ospedale dove immaginiamo che lei non ci sia stata per davvero per alcuni giorni.
Ci viene da sottolineare, però, che suo figlio sta sperimentando anche qualcosa di nuovo per far fronte alle sfide della vita. Si sta interessando ad un confronto da “uomo a uomo”, mentre lei prova a essere mamma di una bambina. In fondo, se mamma non c’è, talvolta è anche perché dedica attenzioni a papà, tanto che è anche nata una sorellina. E in questo, chiediamo a suo marito di resistere e di non prendere troppo alla lettera questa “guerra”, suo figlio ha bisogno dell’autorità paterna, semplicemente per questo la sfida, i sensi di colpa sono una cosa tra adulti, per questo le suggeriamo di stare accanto a suo marito per capire insieme l’origine di questi sensi di colpa.
In bocca al lupo.