29 Dicembre 2010 L'ESPERTO RISPONDE

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Cosa fare? Rimproverarlo, spiegargli o coccolarlo?

Salve,
il mestiere di genitori è molto difficile.
Premettendo ciò, vorrei esporre i nostri dubbi:
il nostro bambino ha 19 mesi, comincia a parlottare, è un bambino che ama le coccole; ama giocare con i suoi giocattoli e anche con mamma e papà…
Da qualche mese però oltre ad avere qualche disturbo del sonno, notiamo che mentre prima era molto socievole adesso è molto timido e diffidente con gli estranei.
Presupposto ciò, vorremmo dei consigli su come affrontare il rimprovero: è giusto rimproverarlo, spiegargli o coccolare il bambino…
cosa fare?
Se rifiuta un ordine come comportarsi?
Che tipi di gioco fare per attirare la sua attenzione, poichè tante volte sembra prendere dai giochi ciò che gli interessa e poi lasciarli…
Perchè quando il padre si avvicina alla mamma o parla con lei lui grida, si avvicina e cerca di attirare le attenzioni?
grazie per ogni consiglio!

Cari genitori,
il vostro bambino sta crescendo ed attraversando alcune tipiche fasi dello sviluppo infantile.
Sin dalle prime settimane di vita i bambini manifestano dei comportamenti di attaccamento ad una “figura di attaccamento”, solitamente la madre.
Nel corso dei mesi i bambini apprendono anche a riconoscere una o più figure familiari e, in un’età variabile tra e 6 mesi e i 2 anni, compare gradualmente la cosiddetta “paura degli estranei”: il bambino smette di rispondere positivamente alle figure non familiari e comincia a reagire negativamente ad esse con manifestazioni di evitamento, rifiuto, pianto.
Progressivamente i bambini conquistano maggiori autonomie, ampliano il loro “spazio di libero movimento”, e diventano degli instancabili esploratori: tra la fine del primo anno di vita e la fine del secondo mostrano un grande interesse per le proprietà materiali e funzionali degli oggetti più comuni.
I genitori possono favorire le attività di manipolazione ed esplorazione del bambino mettendo a sua disposizione oggetti e materiali diversi, permettendo che lui passi dall’uno all’altro, nascondendo per un po’ quelli a cui non sembra più interessato per ripresentarglieli in un secondo momento e tentare nuove attività esplorative, aiutandolo a scoprire connessioni e analogie tra gli oggetti.
I bambini si concentrano anche a lungo su un solo oggetto finchè, in base alle loro competenze del momento, ci sono delle cose da scoprire o sperimentare, poi vanno alla ricerca di nuovi stimoli ed è pertanto sconsigliabile lasciare a loro disposizione pochi oggetti per “non viziarli” o rimproverarli perché fanno un uso degli oggetti che non sempre corrisponde a quello a cui sarebbero destinati.
Il padre spesso può rappresentare la persona che più di altri aiuta il bambino ad ampliare il suo spazio di libero movimento, a sviluppare le sue capacità esplorative, giocando con lui, accompagnandolo nelle sue scoperte, sostenendo lo sviluppo delle sue autonomie. Contemporaneamente il padre può e deve anche porre dei limiti, dei divieti e ciò può suscitare nel bambino dei comportamenti di irritazione, ostilità, senza peraltro intaccare il profondo sentimento di affetto che prova verso il genitore stesso.
Non esiste una ricetta unica valida per tutte le situazioni: i bambini vanno coccolati ma possono anche venire sgridati; le regole e i limiti hanno una funzione contenitiva e rassicurante purchè ci siano degli adulti che con autorevolezza (e non autorità) sappiano farli rispettare e siano in grado di fornire spiegazioni adeguate e, se necessario, di fare qualche rimprovero o dare anche qualche piccola punizione.
I bambini possono tollerare le punizioni che però devono essere adeguate all’”infrazione” commessa, alla loro età e alla loro capacità di comprensione. Ovviamente anche i rinforzi positivi e i premi, forniti anch’essi in maniera adeguata all’età del bambino e alla situazione o al comportamento che si intende rinforzare, hanno una grande valenza educativa.
Per concludere vi suggeriamo di dare una lettura all’articolo pubblicato sulla nostra rubrica di psicologia:Se mi vuoi bene, dimmi di no!.

Saluti dallo staff dello Studio di Psicologia Relazionale.

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