Gentile signora,
vorremmo partire dalla fine: una mamma presa dalla disperazione che piange e una bambina che sembra indifferente. Ci ha molto colpito questa immagine, posta come nota di chiusura perché ci pare rendere bene tutto lo sconforto che prova di fronte ai mille tentativi che fa, di fronte ad una bambina che le maestre descrivono in gamba e di fronte ad una mamma capace, visto che riesce invece ad avere un’altra figlia responsabile e obbediente. Ecco. La sua lettera sembra raccontare quanti sentimenti differenti e opposti entrino in campo tra genitori e figli: di solito si pensa che questo succeda solo in adolescenza, quando i ragazzi cambiano continuamente umore e idea ma l’ambivalenza dei propri sentimenti (dell’adulto come del minore) esiste fin dall’inizio. Ci sono insieme soddisfazioni e fatica, e i bambini sanno rendere orgogliosi ma anche mostrare aspetti prepotenti. È difficile però tenere insieme emozioni opposte, cioè sostenere che si possa essere un po’ buoni e un po’ cattivi (sia mamma sia bambina), e riuscire a distinguere quando si è buoni o solo costretti e quando si è cattivi o solo impotenti.
È difficile anche pensare che si debba sempre ricominciare daccapo: l’esperienza della prima figlia è utile ma si rimette in gioco ogni cosa con un’altra.
Le sue bambine ripropongono un po’ questa separazione: responsabile la prima, ribelle la seconda, con il rischio di non sembrare più quasi delle bambine. Chissà se la prima vorrebbe far sentire alla sorellina che è lei che comanda giusto perché è più grande, chissà se la seconda vorrebbe trovare un modo per dirle che le dispiace vederla piangere… Chissà se lei è esausta di dare punizioni alla più piccola e di essere tranquilla solo con la maggiore.
In queste separazioni, ci viene da dire che una cosa vi accomuna: lei dice che la bambina di otto anni è sensibile, ma a noi sembra che lo sia anche la più piccola. E poi, lei no? Siete tre persone sensibili, lo esprimete in modi molto diversi, certo, ma lo siete tutt’e tre.
E allora ci chiediamo qual è il suo rapporto con la possibilità di fare delle differenze, se la affatica pensare di essere la mamma che dà punizioni, perché preferirebbe che bastasse essere calma e dolce, come si sente rispetto a ciò che è nascosto e prevaricante.
Sembrano infatti diventare delle questioni molto grandi per lei, fino a farla piangere.
Ma se ci pensa bene, quanto male può fare realisticamente l’aggressione di una bambina di cinque anni? Obiettivamente poco, un adulto riesce a bloccarla. Allo stesso modo, per i sotterfugi: quanto una bambina può sfuggire al controllo? Obiettivamente poco, e solitamente viene considerato segno di intelligenza riuscire a avere una “teoria della mente”, saper dire bugie è un’operazione complessa: conosco la realtà e posso manipolarla, so cosa pensi tu e possa distinguerlo da quello che penso io e giocarci un po’. I bambini molto piccoli dicono “vedi che bello questo disegno?”, tenendo il libro orientato dalla loro parte perché non sanno che l’adulto ha un’altra prospettiva, i bambini più grandi girano il libro e mostrano all’altro la figura sul libro.
Una bambina “prepotente” chiede uno sforzo enorme perché pretende che ci sia una forza prima durante e dopo per gestire il suo “attacco”: non basta una volta per imparare, perché non si è sicuri che il problema sia risolto e allora si riprova per controllare che quella “resistenza” ci sia ancora. Resista, non può fare altrimenti, ma sappiamo anche che può farcela.
In bocca al lupo.