22 Febbraio 2012 L'ESPERTO RISPONDE

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Insicurezza

Oggi ho scambiato quattro chiacchiere con l’insegnante di mio figlio che ha tre anni e frequenta il primo anno nella scuola materna.
Mi ha detto che lui è un bambino molto intelligente ma profondamente insicuro.
Ha pianto tanto fino a poco tempo fa e ha fatto tanta fatica ad adattarsi e a sentirsi a suo agio e ancora adesso và a scuola ma la vive come una forzatura e non un piacere.
L’insegnante in questione alle mie domande sull’insicurezza mi ha risposto dicendo che è una cosa genetica e che è nato così. Non sono d’accordo e sono sicura che abbiamo le nostre parti di colpe come genitori. Io e suo padre siamo persone abbastanza tranquille con le nostre insicurezze ma con nessun problema in particolare. Io mi sono battuta fin da quando è nato per infondergli più sicurezza possibile standogli sempre vicino, lodandolo il più possibile, stimolandolo nelle attività cercando di farlo sentire protetto ed amato il più possibile.
Non riesco a capire dove abbiamo sbagliato e come possa fare per farlo sentire  più sicuro di se stesso e forte.
Inoltre vedo intorno a me famiglie molto più disastrate anche con problemi se vogliamo più seri dei nostri eppure con figli sicuri di se e tranquilli nell’affrontare il mondo esterno e da qui la mia confusione.
Allora da cosa dipende l’insicurezza?

Cara mamma,

sento   la tua preoccupazione per l’insicurezza di tuo figlio ed il timore di esserne stata in qualche modo la causa, nonostante l’impegno che hai messo nello stargli vicino nella sua crescita. Ti interroghi anche: come mai, se abbiamo fatto tutto il possibile proprio per renderlo sicuro? Se siamo una famiglia tranquilla, senza alcun problema in particolare?

In effetti non è semplice dare delle risposte.

Certamente l’insegnante ha la sua parte di ragione. Ognuno di noi nasce con un bagaglio personale suo proprio ed è possibile che un altro bimbo avrebbe reagito diversamente alle vostre attenzioni, sviluppando magari maggiore sicurezza. Ma lui è così. E la prima cosa da fare è accettarlo così, come è.

Non significa trascurare il problema, significa portargli il primo aiuto. Se il suo essere insicuro non diventa per i genitori un problema, se i genitori non si soffermano troppo su questo aspetto, ma semplicemente accolgono il suo modo di essere, questo, paradossalmente, lo fa sentire tranquillo: lui comprende che  ai genitori piace così come è, che i genitori non cercano di cambiarlo secondo i loro desideri, per quanto i loro desideri siano rivolti ad un suo maggiore benessere. Questa è la prima forma di sicurezza: vado bene così come sono. Non gli crea ansia, non deve rispondere alle aspettative di altri.

Quindi non è importante consolarlo, proteggerlo, fargli vedere che vorremmo stargli vicino: tutto questo gli manda un messaggio di preoccupazione nei suoi confronti che non fa che aumentare la sua insicurezza. In questo modo lui rischia di farsi carico anche della preoccupazione dei genitori,  ed i problemi per lui potrebbero aumentare.

E’ utile invece riconoscergli la sua difficoltà, fargli vedere che lo capiamo in quel che sta vivendo, che non vuole dire cercare di cambiarlo,  ma al contrario  accettarlo: in questo modo gli dimostriamo la nostra vicinanza attraverso il nostro interesse per lui, ma anche che abbiamo fiducia nella sua capacità di affrontare la situazione. Per fare questo, basta un breve messaggio che interpreti il suo vissuto di quel momento. Di tipo non verbale, un abbraccio o un bacio di saluto, e di tipo verbale, per esempio: “Senti la mancanza della mamma” “Ti è difficile entrare a scuola” oppure “Vorresti stare con noi” o altre cose simili. (vedi  articoli sull’ascolto nella sezione dedicata)

Comprendo che per i genitori vedere il figlio che piange, fa fatica ad adattarsi, vive la scuola come una forzatura è una sofferenza. Essere consapevoli di questa sofferenza, che è anche  del genitore, e il  saperla  reggere, mandando invece al bimbo un messaggio di  fiducia nelle sue capacità, è un altro modo di aiutarlo.

E mandargli un messaggio di fiducia non vuole dire neppure rassicurarlo, promettergli qualcosa, lodarlo e altre cose simili, ma semplicemente accettare la situazione. Se i genitori l’accettano, sarà più facile accettarla  anche per  lui.

Questo vale  non solo per la scuola, ma per tutte le situazioni della vita in cui il bimbo si trova. Poco per volta potrà acquistare una maggiore fiducia in sé , maggiore autonomia e quindi maggiore sicurezza.

Il vostro ruolo è importante e per niente semplice. Bisogna che impariate ad interrogare anche voi stessi: davvero io accetto volentieri la frequenza a scuola o, ad esempio, preferirei che mio figlio stesse a casa?

Davvero riesco a reggere la sofferenza del distacco io stessa/o? Davvero riesco a reggere che mio figlio soffra ed ho fiducia nelle sue capacità di affrontare questa sofferenza? Perché se non è vero, non potete mandare un messaggio reale e lui va in confusione maggiore. Quindi un grosso lavoro va fatto anche su voi stessi.

Più vi sentite tranquilli e sicuri voi, più gli trasmettete tranquillità e sicurezza. E nella vostra tranquillità e sicurezza sta la comprensione del fatto che voi non siete colpevoli di nulla e che il suo modo di essere dipende solo in parte dai vostri interventi su di lui. C’è una parte su cui voi non potete intervenire e se riuscite ad accettarla avendo e dimostrando fiducia in lui e nelle sue capacità, starete meglio voi e lui.

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